Terry Gilliam a Torino
Di Dario ArpaioPer gli appassionati fan dei Monthy Python, per i naviganti dell’assurdo e del mondo di Fantàsia, per coloro i quali non credono ai telegiornali e con ironia vanno sempre al cinema per capire quel che accade… per coloro che giocano in “un mondo capovolto”, arriva la retrospettiva che il Museo del Cinema di Torino dedica all’opera di Terry Gilliam.
Tutto ha inizio quando Terry raggiunge gli amici inglesi nel 1969 (più o meno…) e prende il via la serie di gag televisive del Monthy Python’s Flying Circus, irriverente, surreale, delirante come solo i MP sapevano essere. Graham Chapman, John Cleese, Eric Idle, Terry Jones, Michael Palin e Terry Gilliam: nessuno come loro ha saputo inventare situazioni comiche e imbarazzanti. Dementi quanto sapienti hanno posto, senza nessuna malizia o progetto precostituito, le fondamenta per tutto ciò che di genuinamente deviante o deviato possiamo fruire oggi dagli schermi o in ascolto da qualche radio privata. Da noi qualche rimasuglio buono è rimasto con la Gialappa’s degli esordi. Certamente tutto ciò si è dato malgrado i raffinati, dissacranti e un po’ snob Pythons e senza il loro avallo. Rispetto alla genuinità esplosiva e surreale del loro humour tutto ritmo, oggi ci ritroviamo appena con qualche turpiloquio qua e là, sciatto, in genere volgare, come lo sono i tempi che viviamo in cui nulla resta di attribuibile a una vaga paternità del gruppo inglese. Di quel periodo la rassegna porta titoli come E ora qualcosa di completamente diverso (1971), Monthy Python e il Sacro Graal (1975) e Brian di Nazareth (1979), nonché l’unico e irripetibile Monthy Python: Il Senso della Vita (1983). Poi Gilliam, che all’epoca dei MP si occupava anche delle animazioni, si lanciò nel suo strepitoso assolo registico. Dei suoi esordi ‘nel mondo capovolto’ si potranno gustare Jabberwocky (1977), con i primi approcci nel fiabesco dove Gilliam, si ritrova vivificato e dove scopriamo, allora come ora, le pennellate di Hieronymus Bosch, che noi tutti suoi fan speriamo di rintracciare di nuovo e presto nel prossimo esordio sullo schermo del Teatro del dr Parnassus.
Altra pellicola importante nel cammino di Terry Gilliam è stata I Banditi del Tempo (1981) per poi arrivare al meraviglioso fantascientifico mondo di Brazil (1985) che, personalmente, non mi stancherei mai di rivedere. Struggente e amarissima è la vicenda del giovane Jonathan Price nei panni di Sam Lowry, dilaniato da una burocrazia che tutto fagocita e dove l’amore è puro sogno. Si ritorna ancora nel fiabesco surreale con Le Avventure del Barone di Munchausen (1988), bello e incompreso.
Avremo anche modo di assistere ancora al bellissimo duetto di Robin William con Jeff Bridges ne La Leggenda del re Pescatore (1991) eppoi al grande successo anche commerciale dell’unico film americano di Gilliam, L’Esercito delle 12 Scimmie (1995) dove uno stralunato Brad Pitt incontra gli incubi di Bruce Willis tornato dal futuro per tentare di salvare il mondo. Poi Paura e Delirio a Las Vegas (1998), dove seguiremo l’allucinogeno viaggio di Depp verso la città dei tavoli da gioco. La rassegna del Museo del Cinema ci offre, dal silenzio degli anni successivi, anche il documento straordinario sul mancato film della storia di Don Chisciotte, progetto molto amato da Gilliam, ma naufragato in un susseguirsi di incredibili disastrosi contrattempi. Purtroppo non vedremo mai se non qualche spezzone del Don Quixote, interpretato da un eccellente Jean Rochefort con al fianco Johnny Depp nel ruolo di Sancho Panza. Lost in La Mancha (2002) è il documentario su quel film mai nato. Da non perdere per gli appassionati di Gilliam e del cinema stesso.
Per chi vorrà ci sarà un ulteriore ennesimo omaggio a Heath Ledger che Gilliam volle a fianco di Matt Damon ne I Fratelli Grimm e l’Incantevole Strega (2005). Unica nota stonata fu la presenza di Monica Bellucci, bella come non mai, magicamente sensuale e sempre mediocre attrice.
La rassegna si chiude con l’ultima fatica di Terry Gilliam della quale ho già avuto il grandissimo piacere di scrivere, Tideland (2005) dove il regista racconta l’incredibile magica desolata estate della piccola Jeliza Rose interpretata da Jodelle Ferland, una ragazzina che offre di sé una prova da grande attrice. Solo Gilliam poteva innestare con una tredicenne quel raro connubio magico che nasce tra regista e attore, capace di condurre a un rapporto simbiotico per disegnare sullo schermo immagini di sublime bellezza, ancora di più se collocate in un contesto tragico e durissimo come quel ritratto di un’adolescente.
Quindi Gilliam fortissimamente Gilliam, artigiano di un mondo voluto capovolto, ma saldo in un forte equilibrio tra fiaba e realtà, cruda, amara, e, nonostante tutto, magica come ogni giorno di questo mondo, con nuvole o meno. A noi la scelta e l’uso della tavolozza.
Tutti i film della rassegna verranno proiettati al Cinema Massimo 3 a partire da lunedì 2 febbraio fino alla domenica 15 febbraio.
Dario Arpaio
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Terry Gilliam è un genio, lo è sempre stato e la sua appartenenza ai monty phyton gli ha permesso di esprimere al meglio le sue capacità immaginative e creative. Purtroppo è anche un regista-genio troppo “artista”, certe volte è così avanti che non viene capito (come in Don Chisciotte e Le Avventure Del Barone Di Munchausen).
Se si parla di Gilliam è importantissimo ricordare i Monty Phyton, egli era un outsider molto poco snob e l’unico instradato fin da subito alla carriera di artista in mezzo a medici e avvocati di Cambridge e Oxford. L’americano ha rappresentato l’elemento legato al grottesco e all’immaginifico. Se non fosse entrato nel gruppo forse avrebbe trovato muri troppo alti da scavalcare da solo o avrebbe abbandonato il cinema a favore dell’animazione di cui è un vero maestro… I Monty Phyton facevano ridere in modo intelligente, erano uno stimolo e stuzzicavano nel modo migliore possibile le coscienze di chi assisteva. Anche se oggi in Italia, si ride poco e male (e senza capire bene il perchè o non chiedendoselo affatto) all’estero, specialemte in inghilterra, la tradizione di nonsense dei MP non è scomparsa. Little britain per esempio è riuscito a portare questa comicità irrefrenabile anche negli usa (dove nessuno a parte judd apatow,will ferrell e ben stiller con i suoi amici producono più film divertenti a mio avviso) e qui da noi con grande successo. Poi ci sono i folli di The league of gentlemen che ci catapultano in una campagna inglese di figure grottesche, certe volte fin troppo, comiche e assurde. Il brutto è che nelle tv italiana si dà spazio a questi tipi di creatività alla MP e alla Terry Gilliam solo sul satellite, chi non c’è l’ha deve accontentarsi di programmi contenitore e reality imbarazzanti.
Per tornare a Gilliam, i suoi film vengono trasmessi poco, in terza serata o pieni di tagli tristissimi. Di nuovo il satellite ci viene in aiuto ma rimane appannaggio di pochi. Tanto di cappello perciò alla retrospettiva del Museo del cinema di torino!
bene! grazie! più ne parlo, scrivo, leggo, sempre più incontro dei veri autentici e preparatissimi fan di gilliam terry da minneapolis!
sarebbe forse ora di farglielo sapere che noi tutti siamo quì e lo aspettiamo!
chi se ne vuole occupare??
ciao
dario
ciao bel blog se ti va dai un occhiata al mio