District-9. Via gli alieni dalle nostre città!
Di Dario ArpaioGiuseppe è un nostro fan di Torino. Grazie a Solocine.it, di tanto in tanto ci si vede al cinema. Poi una birretta, sciorinando titoli di film, stile celo/manca (come quando si collezionavano le figurine dei calciatori…). Beh, se non fosse stato per lui, per la sua simpatica insistenza, francamente non avrei visto District-9, un vero gioiellino.
Opera prima di Neill Blomkamp, trentenne sudafricano, pupillo di Peter Jackson e di Ridley Scott. Per intenderci, questo Blomkamp è il regista di quel corto dove si vedono dei SUV che ballano hip-hop.
Neill è regista e anche co-autore della sceneggiatura di District-9, prodotto proprio da Jackson, che ha fortemente voluto per questo giovane regista il cimento del grande schermo.
District-9 è quasi un fanta-documentario sul razzismo, sulla diversità e sull’intolleranza, in questo caso, nei confronti degli alieni che quì somigliano tanto a tutti gli extra-comunitari o ai ‘brutti’ di casa nostra e di ovunque ci siano dei ghetti. Non c’è che dire, sono proprio brutti, quindi è giusto dileggiarli, maltrattarli, umiliarli, vivisezionarli, tanto sono razza inferiore; che c’è di male a chiuderli in un ghetto malsano, dove promiscuità e violenza la fanno da padrone? E’ che loro, i diversi, i cosiddetti ‘gamberoni’, hanno anche delle armi che proprio nessun umano riesce a utilizzare. Come si fa? Allora giù di mazza, chè tanto non pastiscono, gli schifosi! Scenari già visitati durante la storia recente che, quasi quasi, taluni politici nostrani amerebbero ripetere.
Comunque… il film si propone all’inizio (ottimamente, con garbo e buon ritmo) come una sorta di reportage nel ghetto, appunto il Distretto 9, dove sono ammassate alcune migliaia di alieni. Sopra di loro, in alto nel cielo di Johannesburg, un’astronave gigantesca staziona inservibile, come ormeggiata nel nulla. Qualche pezzo della nave è andato perso e così ‘quelli’ non se ne vanno, non possono ritornare là da dove sono venuti trentanni prima.
Come in ogni bella fiaba, alla fine succederà qualcosa e, improvvisamente, chi era aguzzino si ritroverà difensore del diritto più sacrosanto, quello per la vita.
Tante sono le citazioni che Blomkamp si diverte a inserire in questa sua riuscitissima e originale opera prima, come un ossequioso e divertito omaggio a tanti vecchi film di fantascienza. Il protagonista (umano) del film Wikus van der Merwe interpretato con passione da Sharito Copley ricorda, a tratti, il Sam di Jonathan Price in una delle sue migliori interpretazioni nell’indimenticato Brazil di Gilliam. Che dire poi delle armi alla Robocop, stile anni 80.
Ma uno dei punti di forza è certamente l’ambientazione da slum sudafricano e la fotografia, capaci quasi di trasmettere fisicamente il senso del degrado al quale sono costretti quei diversi. Ci si sente la polvere addosso, l’immondizia intorno e dentro all’anima. Ma, come si conviene, c’è e ci sarà sempre il momento del riscatto finale.
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ciao dario ottimo articolo condivido e la prima foto è perfetta.molti film sono super pubblicizzati ma poi alla visione si rimane delusi altri (come questo,pitch black,last night ecc..)passano con silenzio e solo con fortuna li si vede.la discriminazione è il grande tema del film .”il diverso” la società fa fatica ad accettarlo e questo film è costruito appunto per affrontare questa tematica..l’idea della telecamere alla cloverfild ,x la prima parte, è molto ben utilizzata.di solito gli alieni nei film passati arrivano più avanti con inquadrature particolari magari veloci o solo di alcuni dettagli mentre in questo film pronti via prime scene ed eccolo li facendoci intuire subito che non sarà il solito film ma qualcosa di diverso.ci sarebbe da dire tante cose su questo film come dice dario un vero gioiellino…
Bel film…mi è piaciuto. A volte questi film tendono ad essere troppo surreali, ma quì si sta davvero con i piedi sulla “terra”. CIAOOOOO!!!