Sofia Coppola a Venezia con Somewhere

Di

Somewhere di Sofia Coppola arriva nelle sale italiane in contemporanea con la presentazione al Festival Venezia 67. Successo annunciato e confermato, come già avvenne a Venezia 60 con il bellissimo Lost in Translation, a mio avviso superiore a Somewhere, grazie anche alla intensa interpretazione di Bill Murray e di Scarlett Johansson.

Tutto avveniva e avviene nell’anonimato delle camere di hotel, gente che va, gente che viene in luoghi ideali dove nascondere se stessi e le proprie frustrazioni, salvo viverne di nuove. La stessa Sofia Coppola bambina ha seguito il padre Francis in tante di quelle camere d’hotel, vivendo esperienze che lei stessa riesuma e trascrive nelle sue sceneggiature. Originalissima quella di Lost in Translation, forse di minore impatto questa di Somewhere.

Il film racconta delle giornate di una star di Hollywood, interpretata da Stephen Dorff, vissute tra sbronze, sesso facile, qualche impegno di produzione e tanta noia frustrante. L’inatteso impegno con la figlia di 11 anni stravolge solo in parte la routine, risvegliando nel protagonista una maggiore sensazione di vuoto in una vita venduta allo show business per una Ferrari e una manciata di lusso per pochi. In fondo alla narrazione minimalista di Sofia Coppola sta un grande senso di solitudine per il quale l’hotel rappresenta l’ambientazione perfetta, capace di catturare e custodire le ansie di vita in un microcosmo ovattato, dove si può essere protetti da ogni richiamo alla realtà vera.

L’hotel dove è ambientato il film è il Marmont, sul celeberrimo Sunset Boulevard, proprio lì dove nel 1984 perse la vita Jim Belushi. Un hotel frequentato anche nella realtà da starlette e attori famosi. Da lì il protagonista deciderà di fuggire verso un altrove che ancora non conosce, ma che, forse gli darà nuova ragione di vita.

Buona prova di regia per Sofia Coppola, bravo Dorff , seppure un po’ monocorde. Altrettanto degna di nota Elle Fanning, sorella della più famosa Dakota, nei panni della ragazzina. Staremo a vedere se e come i giurati di Venezia prenderanno in considerazione questo film prodotto, ovviamente, da Francis Coppola, il quale da sempre spinge e protegge la figlia per non farle tralasciare o perdere quella indipendenza artistica, appannaggio di pochi a Hollywood.

I cultori del genere, inoltre, non perderanno l’occasione di gustare e apprezzare la colonna sonora, davvero pregevole, grazie ai brani scelti dei Police, dei Foo Fighters, di Gwen Stefani e altri ancora.

Dario Arpaio

2 commenti su “Sofia Coppola a Venezia con Somewhere”
  1. domenico ha detto:

    Spedito alle Thursday 09 September 2010 19:07 IP 79.47.210.84 Abbiamo visto “ Somewhere “ regia di Sofia Carmina Coppola.
    Sofia Coppola è al suo quarto film, i precedenti sono state tre opere di notevole maestria e intelligenza. Nel 1999 ha debuttato con “ Il giardino delle vergini suicide “, film meno conosciuto dal pubblico, un ritratto di famiglia fuori dal comune: cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono la loro crescita tormentate da una madre integralista e sorda e un padre assente e senza personalità, rinchiuso nella costruzione di modellini. Il secondo film è stato “ Lost in Traslation “ storia e sviluppo fuori dai clichè, splendidamente scritto, diretto e interpretato e ha ottenuto l’oscar come migliore sceneggiatura. Nel 2006 dirige “ Marie Antoinette ” sulla regina della Rivoluzione Francese, ma dove tutto è leggero, giovanile e post moderno; con uno stile innovativo, fresco, pop. Per parte della critica i tre film, per le affinità tematiche, sono definiti come la trilogia della giovinezza inquieta. Va da ricordare che per una giovane donna ( oggi ha circa quarant’anni ) non deve essere stato facile trovare una sua strada fatta di originalità e intelligenza, avendo come padre Francis Ford Coppola, come madre Eleanor documentarista e scrittrice di un bel libro sulle disavventure sul set di Apocalypse Now, per non dimenticare un fratello Roman regista, una zia l’attrice Talia Shire ( ricordate: Adriana, urlato da Stallone in Rochy ? ), cugina di Nicolas Cage e Robert Carmine ( attore e leader dei Rooney ). Da alcuni anni oramai Sofia Coppola non è solo figlia o cugina o nipote di qualcuno, è una regista affermata, ha il suo pubblico affezionato ed è nello star sistem hollyvoodiano nel senso più pieno ed anche snob del termine.
    Il suo quarto film è presente al Festival di Venezia, in gara, ed è uscito nelle sale in questi giorni. Col suo solito stile ci racconta di Johnny Marco, un divo di Hollywood che ha recitato anche con De Niro, Meryl Streep e Al Pacino. E’ bello, pieno di donne e con una vita apparentemente piena. Vive in una suite del leggendario Hotel Chateau Marmont, dove hanno vissuto Greta Garbo, Marylin Monroe, Alan Delon; dove ha trovato la morte John Belushi e Jim Morrison è finito in ospedale. Scorazza in giro sulla sua Ferrari nera quasi alla ricerca di un istinto di libertà che non sembra possederlo lucidamente e nella sua suite ci sono sempre feste, splendide ragazze in attesa e le solite pasticche. Johnny sembra a proprio agio in questa situazione di torpore, fra ballerine di lap dance di notte e conferenze stampa, interviste e lavori vari di giorno. Fino a quando la ex moglie con una telefonata gli lascia per alcuni giorni la figlia undicenne, Cleo ( Elle Fanning ). Questo avviene alla fine del primo tempo, troppo in ritardo perché questo sia la naturale storia. L’incontro con la figlia non è conflittuale o presago di piccoli screzi, anzi è sereno e spensierato, e lo stare assieme si svolge tra camere d’albergo con piscina a Milano, mangiate di gelato notturne, aerei e auto con autista, gare di videogiochi e il ritiro di un premio a Milano tra la Ventura nazionale e la Marini che canta e sgambetta ( questa italietta patetica raccontata da Sofia Coppola è sì triste e provinciale ma è troppo banale e superficiale ). Quando Johnny e sua figlia ritornano a Los Angeles devono dividersi, la bambina deve andare in un centro estivo e lui resta all’improvviso da solo, spinto a fare bilanci e riflessioni esistenziali, sulla sua posizione nel mondo e affrontare domande che prima o poi tutti dovrebbero porsi. E l’ennesima fuga in auto gli permette anche un sorriso finale liberatorio.
    Una trama molto semplice, sulla futilità e fragilità di certe vite che viste da lontano sembrano splendide e appaganti e invece sono vuote e deprimenti ( io banalmente farei a cambio di corsa ). L’elemento narrativo che sconquassa ( ? ) questa vita è Cleo, che dovrebbe smuovere
    la ‘ calma piatta ‘ del divo e portarlo a cercare “ il vero “ oltre il suo mondo “ di finzione “. Ma purtroppo non accade nulla di importante o di significativo, si segue il film senza interesse o curiosità, forse in attesa di un finale forte che mitigherebbe la fiacchezza e la poco originalità di molti passaggi. Insomma film non risolto, che gira a volte in maniera lenta e fastidiosa su se stesso. La cifra stilistica dei precedenti film della Coppola che era la sua forza, in questo sembrano mostrare tutti quei limiti derivati anche da contiguità esistenziale dell’autrice con il suo ambiente. Viene d’istinto da dire che fare un film alla Wenders o all’Antonioni senza avere l’età e lo spessore è rischioso e sbagliato.

  2. Dario Arpaio ha detto:

    Grz Dommenico.Interessante intervento. stimolante e puntuale nel dettaglio. Somewhere è comunque un film gradevole, forse sopravvalutato a Venezia in virtù del nome(e anche grazie alla pochezza di alre pellicole in concorso, per esempio il nutrito gruppo italiano), comunque sicuramente inferiore a quel piccolo capolavoro che è stato Lost in Translation. Aggiungerei anche che Wenders a Antonioni sono davvero anni luce distanti e non accostabili.
    ciao!


Commenta o partecipa alla discussione
Nome (obbligatorio)

E-mail (non verrà pubblicata) (obbligatoria)

Sito Web (opzionale)

Copyright © Teknosurf.it, 2007-2024, P.IVA 01264890052
SoloCine.net – Guida e storia del cinema supplemento alla testata giornalistica Gratis.it, registrata presso il Tribunale di Milano n. 191 del 24/04/2009