Moonrise Kingdom: Anderson nel regno della luna
Di Dario ArpaioWes Anderson torna a raccontare, con il suo personalissimo stile, della vita e dell’amore, con l’accento amaro che gli è proprio quando punta la macchina da presa sugli eventi che il destino regala con compiaciuta indifferenza agli esseri umani.
Moonrise Kingdom è il titolo del film di Anderson arrivato finalmente nelle sale dopo avere avuto l’onore di aprire il 65° festival di Cannes. Prima sono stati i Tennenbaum, a farci incontrare la visione di Anderson, poi le Avventure Acquatiche di Steve Zissou e, infine il malinconico viaggio sul Treno per Darjeeling hanno preparato la via per varcare la soglia del regno dove la luna sorge a cullare il sogno d’amore di due dodicenni. La loro fuga dal mondo degli adulti, dove non trovano se stessi, è densa di malinconia e di tenerezza. Sanno emozionarsi al primo bacio, quello trovato con il pudore proprio di un’età delicata, come altrimenti si dimentica nel corso della vita. Al tempo stesso devono fuggire dal sistema che li insegue, li bracca per riprenderseli ed educarli al controllo delle emozioni per adeguarsi, omologarsi, come fanno i genitori che non sanno più la sincerità. Come gli scout, ai quali appartiene il ragazzo, tutti disciplina e allineamento, che non amano quel compagno un po’ fuori di testa, diverso, perché orfano.
Visto così Moonrise Kingdom sembrerebbe una novella dickensiana resa ancora più forte sullo schermo da una cast eccellente. Oppure, come suggerisce la prima sequenza, è una commedia dove i personaggi entrano in scena come gli strumenti di un’orchestra e pulsano, vivono, interpretano il loro concerto sotto le luci accese di una natura capace di cullare gli sguardi innocenti, ma anche di punire la stupidità. La tempesta arriva puntuale e la presunzione dei servizi sociali, che vorrebbero strappare la libertà del ragazzo, a nulla possono contro un’ondata violenta, distruttiva, in parte, di ciò che era per rimettere magari qualche tessera del puzzle in altro canto.
Avvolgente, questo film di Wes Anderson, che probabilmente soddisferà il palato dei suoi fan. Lo stile della narrazione è asciutto, i dialoghi secchi, a volte, irresistibilmente, conducono al sorriso. Così come accattivante è la fotografia di Robert Yeoman – capace com’è di evocare le colorazioni di un tempo, accese su tonalità da tavole di fumetto o di un vecchio 16 mm.
Semplicemente intensa, elegante scorre la sceneggiatura, scritta dallo stesso Anderson con Roman Coppola, lo stesso del “Darjeeling”.
Il quadro che rimane allo spettatore è quello un po’ amaro della famiglia che, oggi, non è più capace di dare l’amore e la protezione che ciascuno amerebbe. Ai ragazzi si apre, come unica via, la fuga per il gioco dell’amore, per scoprire che si può diventare adulti nonostante gli adulti.
E’ un piacere assistere ai duetti di Bill Murray con Frances McDormand, i genitori della ragazzina. Che dire poi del poliziotto Bruce Willis, un tonto dal gran cuore. Ma su tutti, oltre ai due ragazzini esordienti, Jared Gilman e Kara Hayward, svetta l’inebetito capo-scout Edward Norton, che non capisce e non può vedere ciò che invece gli occhiali e l’onnipresente binocolo dei due amanti in erba sono capaci di scoprire del mondo. Anche se la tempesta avanza inesorabile.
Dario Arpaio
Commenta o partecipa alla discussione
l’articolo è scritto da nicoletta o da dario? ho visto ieri il film. un film carino con un gran cast.
E’ scritto da Dario! Quello del nome è stato solo un errore tecnico nella piattaforma. Ciao, continua a seguirci!
sì , sono io Dario Arpaio l’autore della recensione. Un cinefilo compulsivo , alla ricerca di ogni più piccola luce che chiunque sia in grado di accendere su questi tempi bui con la propria creatività.
W il cinema che fa sognare, ma anche riflettere. E, per favore , No ai cinepanettoni . NO ai film squallidi spacciati per commedia all’italiana (Monicelli è già altrove…). E non mancate, se posso permettermi, La Vita di Pi…
ciao !!