The Hurt Locker. Guerra, paura e adrenalina

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the-hurt-locker-locandina.JPGKathrin Bigelow con il suo The Hurt Locker ci conduce dentro il dolore custodito con cura tra le proprie cose da uno dei protagonisti di questa vicenda di guerra. Ogni infamante oggetto di morte è raccolto dal sergente James (un bravissimo Jeremy Renner) e conservato in una personale catalogazione dell’abominio, ma anche per una sorta di acido sberleffo alla morte. Il film è forte, girato con maestria dalla regista di Point Break. Non delude le aspettative utilizzando un montaggio secco, reso ancora più aspro dai toni sgranati delle immagini inseguite con la camera a spalla. La Bigelow ha preparato lo script con Mark Boal, già inviato di guerra in Iraq e suo compagno nella vita. Dai ricordi e dalla cronaca nasce la storia di tre marines artificieri che affrontano vis à vis la morte a ogni istante, ogni maledetto giorno di una guerra dove il nemico è nascosto dietro il terrore. I tre della squadra Bravo vengono chiamati a compiere continue missioni di disinnesco di ordigni veri o presunti, circondati dalla paura e dalla diffidenza. Ogni film che affronti oggi il tema dell’Iraq corre il rischio dei confronti con altre pellicole di guerra o con possibili accuse di mancanza di patriottismo o di eccesso di propaganda. Kathrin Bigelow con The Hurt Locker non ha alcun intento critico, né propone un’analisi politica. Vediamo sfilare le inquadrature, marcate con un taglio documentaristico, e ci viene proposto di scrutare nel senso profondo della paura e dell’adrenalina delle situazioni estreme alle quali sono chiamati i soldati che giungono all’assuefazione, al disinteresse nei confronti di tutto eccetto dell’azione che sono chiamati a svolgere. Inutile fare paragoni con altri titoli eccellenti, primo fra tutti, lo splendido La sottile linea rossa, o Apocalypse Now, semplicemente perché questa dell’Iraq è una guerra diversa, vissuta in un tempo presente assai remoto da quello del Vietnam. Oggi possiamo assistere in diretta, vedere in tempo reale il massacro, e ancora non sentiamo l’odore del sudore, della polvere, del sangue. Non percepiamo il dolore vero, quello dentro. Mi viene in mente Marlon Brando e il suo colonnello Kurtz in una delle scene finali di Apocalypse Now, quando parlava lentamente, misuratamente, centellinando, nella penombra, ogni parola  per l’uomo mandato a ucciderlo. Kurtz anticipava, forse, ciò che ancora oggi è guerra, sempre più guerra. I soldati di Kathrine Bigelow sono, a tratti, più veri, più vicini a noi mentre passano con disinvoltura dalla playstation al sangue vero, e non possono più farne a meno.

Dario Arpaio

1 commento su “The Hurt Locker. Guerra, paura e adrenalina”
  1. Guendalina Borgia ha detto:

    E’ difficile commentare certi film proprio perchè parlano di storie troppo attuali e di cui sentiamo parlare tutti i giorni i telegiornali e simili. Quindi penso che la soluzione ideale sia quella di vederli, sempre che il genere piaccia, e basta, senza aggiungere altro perchè di parole se ne possono dire all’infinito ma non sono mai servite a fermare la guerra!


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