Katyn di Andrzej Wajda

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katyn-di-awajda.jpgChi ama l’intrattenimento leggero ha buona scelta. Vari sono i titoli, più o meno interessanti, che le sale cinematografiche offrono in questi giorni. Chi si vuole distrarre, o preferisce rimanere distratto, è più che accontentato. Ridere, anche con niente, è bello. Che cosa è più salutare e rilassante? Ma a volte non si deve, non si possono chiudere gli occhi su ciò che è stato, sulla Storia. Così come non si può dar credito alcuno a certi preti che, pur predicando amore, negano, disprezzando i milioni di morti ammazzati nei campi di sterminio nazista. Un abominio sull’abominio che vien detto negazionismo. Si deve ricordare, a chiare lettere, soprattutto ai giovani, ciò che è stato affinché non si ripeta. Facile a dirsi. Altra cosa è farlo. Occorre grande lucidità e onestà intellettuale per non sconfinare nell’eccesso. Occorre avere vissuto la tragedia, perché solo chi conosce la sofferenza è in grado di allontanarla dagli altri. Andrzej Wajda è un grandissimo maestro del cinema polacco e mondiale. Ha cantato, nei suoi 82 anni, le ballate più amare, denunciando con grande lucidità la degenerazione del potere, anche e soprattutto di quello cosiddetto rivoluzionario. Ha militato nella resistenza polacca durante la II guerra. Ha combattuto contro i nazisti. Suo padre era ufficiale di cavalleria. Si chiamava Jacub. Venne trucidato insieme con altri ventiduemila ufficiali (e intellettuali) nella foresta di Katyn, nei pressi della città russa di Smolensk. Un colpo alla nuca e via in una fossa comune. I russi hanno negato e ancora negato, fino a qualche decennio scorso, di essere stati responsabili dello sterminio, anche se messi di fronte a documenti originali. Quasi come quei vescovi che negano l’eccidio degli ebrei… Forse si alzerà anche una voce a dire che gli indiani d’America, in realtà si sono suicidati per permettere ai coloni di fondare gli Stati Uniti. Perché no! Suona anche bene…

All’epoca dei fatti, settembre del ’39, come avvoltoi, russi e tedeschi si sorridevano tra loro e  intanto spolpavano la Polonia. Di fatto davano inizio alla II guerra mondiale e tutto ciò che ne seguì. Wajda, con il rigore dei suoi film migliori, ci offre un affresco storico, un coro di personaggi le cui vicende si incrociano in un andirivieni temporale della durata di un decennio. Ma sono poi le donne le grandi protagoniste portavoci di Katyn, sono le madri, le mogli, le figlie, le sorelle che contrastano nel dolore la forza distruttrice. Sono loro che conducono la battaglia della memoria. Gli uomini sanno morire, spesso non sanno vivere, certo sanno uccidere. Nel film, che scorre sulla superba colonna sonora di Krzysztof  Penderecki, tutto viene offerto con misurata mestizia, con grande dignità. Mai un accenno sopra le righe. Wajda si offre con pudore, riportandoci anche lo strazio dei superstiti. Essi pure ebbero a fare i conti con la propria coscienza. Chi si era salvato dalla strage dovette subire, sottostare, accettare i compromessi con l’invasore e poi ancora e ancora. Ma la libertà ha una voce sola e l’orecchio non può non riconoscerla. Prima o poi urla.

Non mancate di vedere Katyn di Andrzej  Wajda, renderete così un omaggio a voi stessi e a questo grande regista che ha saputo e voluto fortemente ricordare e far ricordare. Lui che ha segnato la storia del cinema europeo con titoli come L’Uomo di Ferro, palma d’oro a Cannes nel 1981, che, per certi versi, seguiva la traccia de L’Uomo di Marmo del 1977, gli anni duri della nostra storia recente. Non si deve dimenticare nulla e tanto meno mistificare come a volte solo certi scriteriati uomini di chiesa sono capaci di  fare, a qualunque credo religioso appartengano, piantando un seme amaro che può solo insegnare morte. Wajda, invece, insegna solo la vita.

Dario Arpaio

3 commenti su “Katyn di Andrzej Wajda”
  1. Guendalina Borgia ha detto:

    Ancora una volta “complimenti”, sia per questa recensione che per quella di “Benjamin Button”. Questa mi ha colpito di più poichè da troppo tempo ormai stiamo assistendo ad una negazione della Storia a dir poco impressionante, tant’è che mi sforzo di capire il motivo per cui si continui ad insegnare questa materia nelle scuole. C’è solo da augurarsi che prevalga la Ragione perchè, in fondo, negare vuol dire ammettere!

  2. albertobolzani ha detto:

    Ho visto il film Katyn di Andrzej Wajda., conoscevo la storia da tempo e sapevo che in Polonia e in buona parte dell’Europa non era gradito parlare dell’argomento.
    A venti anni dalla caduta dl muro di Berlino ancora oggi e in Italia osservo che la distribuzione è relegata a piccoli circuiti che non possono dare la necessaria visibilità all’argomento e al film peraltro di ottima fattura e con una splendida colonna sonora di Krzysztof Penderecki.
    Questo film va visto sia per il valore storico che per l’alto livello artistico.
    Segnalo che è in programmazione a Milano al Cinema Palestrina
    via G.P. da Palestrina, 7 [MM 1-2 Loreto] tel 02 86455162
    dal 3 al 12 Aprile 2009 alle ore 16.30 – 18.45 – 21,00

  3. Dario Arpaio ha detto:

    Come te, spero siano in tanti a vedere questa opera di Wajda.
    Amici di Milano! Non perdete l’occasione!
    Grazie Alberto per averlo ricordato!


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