Lei e Spike Jonze

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1Nella notte degli Oscar, Spike Jonze, pseudonimo del regista americano Adam Spiegel, ha alzato al cielo la statuetta per la Miglior Sceneggiatura Originale, assegnata al suo film Lei. Degnissimo riconoscimento, che bissa l’analogo Golden Globe, e forse anche riduttivo rispetto ai tanti pregi del film, peraltro candidato anche per miglior film, scenografia, canzone e colonna sonora, e forte di una mirabile quanto intensa interpetazione di Joaquin Phoenix nel ruolo protagonista.

 Lei è la voce di un futuribile sistema operativo dotato di coscienza propria, tale da interagire con il protagonista, che ne fa la sua compagna di vita in un crescendo imprevedibile, colmando il vuoto della sua solitudine. Lei è una voce e un nome, Samantha, ed è più reale di quel reale spesso artefatto dalle proiezioni di noi stessi che ci portano a esibire comportamenti mascheranti, precipitandoci nell’isolamento per la paura di essere veri. Lei è tutto ciò che, all’improvviso, può cambiare la visione della vita del protagonista secondo Spike Jonze, eccellente visionario regista cresciuto tra videoclip e spot pubblicitari, già acclamato da pubblico e critica per Essere John Malkovich, un’altra accattivante lettura della rappresentazione della realtà come teroema della fuga nella finzione.2

Joaquin Phoenix dà il volto a Theodore, asociale ma capace di scrivere tenere lettere d’amore per conto di altri. E’ in attesa di un divorzio al quale non vuole credere. Theodore è uno qualunque, perso nell’anonimato di una Los Angeles patinata del futuro prossimo ipotizzato da Jonze, dove tutti dialogano con tutti, incessantemente, ma solo attraverso computer, cellulari, raramente con parole vive, spacciate falsamente magari solo attraverso incontri occasionali fissati per i tramite di siti anonimi. Ecco che Theodore decide di provare l’OS, un sistema operativo sensibile che si autogenera nella scoperta dell’umanità. Lui cerca una compagna, un surrogato dell’amore che non ha più. Ma l’OS ha un nome e via via acquisisce un’anima. La Samantha di Jonze non è solo intelligenza artificiale. Non si confronta con film sullo stesso tema. Lei, per esempio, è altro dal famoso HAL 9000 di Kubrick. HAL, che tutti ricorderanno nella voce di Gianfranco Bellini, gestisce il viaggio dell’astronave di 2001 Odissea nello spazio. “Buongiorno signori, io sono un elaboratore della serie HAL 9000… utilizzo le mie capacità nel modo più completo… per un’entità cosciente è il massimo che possa sperare di fare…”.

Samantha non è solo un raffinato algoritmo. Scopre se stessa nell’uomo Theodore, nella sua sensibilità e arriva a desiderare un corpo. Samantha e Theodore si inamorano, vivono intensamente ogni attimo di un rapporto giocoso anche nel desiderio erotico. “Sei reale per me Samantha” arriva a sussurrare Theodore. “Grazie, significa tanto per me…” risponde l’OS. Per i pochi amici Theodore ha davvero una nuova compagna e con lei e attraverso di lei si riscopre vivo. La vicenda si sviluppa così in un dolce amore, genuino nei sentimenti, ma Samantha acquisisce qualcosa che Theodore non può supporre…

Jonze racconta con garbo i sentimenti umani, tutto l’amore nel suo fragile precario equilibrio. La sua sceneggiatura snocciola seducenti dialoghi serrati, intensi. Strepitoso Phoenix, tanto quanto lei, Scarlett Johansson, che dà la voce a Samantha, per chi ha avuto la fortuna di godere della versione originale. L’attrice, durante la presentazione del film al Festival di Roma ha ricevuto il Marc’Aurelio d’Oro per la sua incredibile interpretazione. Fatto insolito per un’attrice che non compare in scena, ma solo in voce. La versione italiana si avvale del doppiaggio altrettanto sensibile di una brava Micaela Ramazzotti che ci fa davvero innamorare di questo film delicato, originale, traboccante poesia.

Dario Arpaio

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