Cloverfield beve lo Slusho
Di Dario ArpaioCloverfield è il nome in codice che l’esercito affibbia a un mostro (o ai mostri …) che improvvisamente si scatena(no) su Manhattan. Ruggiti, urla disperate, sembra un terremoto… ma più che un film di serie B (o C) ha i connotati di una riuscita operazione di marketing, quasi al limite della genialità. Da alcuni mesi giravano sulla rete notizie del prossimo apparire sugli schermi di un misterioso soggetto cinematografico con argomento mostri a New York, seguite poi da alcuni trailer accuratamente non autorizzati del film che di fatto esce oggi sugli schermi americani con il titolo di Cloverfield , prodotto da J.J.Abrams (quello dei serial famosi come Alias, Lost) e distribuito dalla Paramount. Tutto il battage è stato ammantato di mistero, ovvero dire poco e dare ancor meno notizie certe così da scatenare sulla rete la curiosità dei fans dei film del genere Godzilla con effetti alla Blair Witch Project. Distruggiamo Manhattan con poche lire e filmiamo tutto con una camera a mano o meglio nella mano di un ubriaco così da far venire anche un po’ il mal di mare al pubblico in sala, questa è stata l’idea di J.J.Abrams.
Effettivamente il film risulta essere di quelli a basso costo con poche decine di milioni di budget (25-30 milioni di dollari) e la partecipazione di attori semisconosciuti. Non piace per esempio ai critici del Washington Post che oggi commentano acidamente questo non-film dai dialoghi incentrati quasi solo in una serie di urletti stile Oh Mio Dio! Oh Mio Dio! tra il fuggi fuggi disperato della gente che riprova il terrore del 9/11 mentre la testa della statua della Libertà viene scaraventata in mezzo a una strada. Il tutto verrà filmato quasi per caso da un giovane che era alla sua festa di addio prima di partire per un viaggio di lavoro in Giappone (tentativo maldestro di citazione di Godzilla ?). Un po’ alticci i ragazzi con in testa il giovane protagonista dal nome Rob si ritrovano in mezzo al finimondo e cercano di cavarsela al meglio. Insomma esile trama ma grande e temibile sagacia pubblicitaria dietro tutta questa operazione che pare originata più lontano nel tempo e nello spazio, volta ad aumentare le vendite di una bevanda giapponese (e di tutto il merchandising intorno), tale Slusho, apparsa già nei serial Alias e, più recentemente, Heroes secondo quegli schemi di vedo-non vedo-ma intanto si nota mentre la bevono i protagonisti più seguiti. Pare inoltre che il sito giapponese della bevanda proponga alcune immagini di mostri biblici per reclamizzare il prodotto. Insomma ci mancavano altri manga per completare…ma cosa? Aiuto! Siamo tutti in un jingle!
Dario Arpaio
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Cloverfield ha letteralmente ‘divorato’ il box office come annuncia la rivista Variety: 41 milioni di dollari incassati nel primo weekend lo portano in testa alle classifiche! Noi lo potremo vedere il 1°febbraio (ma anche no!)…
Il merito del successo? Tutto e solo della campagna di marketing che ha mantenuto nel mistero l’operazione. Questo però non è più cinema, è solo bieco consumismo! meditate gente, meditate!
dario arpaio
Mi domando se abbia veramente capito il senso del progetto Cloverfield
Slusho non esiste…
oppure pensa che esista anche la Tarugato ? Tido Wave ?
o meglio esiste come parte del meta-film che si sta svolgendo in rete ( tramite siti, pagine myspace etc etc ) che fanno comunque parte della trama del progetto Cloverfield di cui il film attualmente nelle sale è il culmine, comunque ottimamente realizzato ed emozionante, ma non è l’unico elemento.
qui siamo oltre il marketing ( che per altro se ben fatto è da apprezzare comunque come frutto della creatività umana )
Cloverfield è il primo meta-film dell’era web
si informi meglio prima di scrivere una recensione
o riportarne altre
cordialmente
Concordo con Quisaz.
E’ molto piu apprezzabile una campagna marketing come questa, che la ovvia ripetizione del genere (se ancora esiste)priva di ogni variazione nel modo. Questo non è cinema?quale sarebbe il cinema? Cinema è soggettività prima di tutto.
E per cortesia, evitiamo i “Meditate gente”.
Bene! Ogni critica è benvenuta perchè ogni fruizione di oggetto d’arte, o anche solo ritenuto tale, è personale e non esiste lettura oggettiva. Si scrive per stimolare reazione non certo per imporre l’adozione di chiavi di lettura. Sarebbe quanto meno presuntuoso. In ogni caso personalmente amo il cinema che è artigianato puro, concetto che il termine stesso di ‘arte’ esprime da Pudovkin in poi. Cito casualmente la trilogia del Signore degli Anelli e della grande opera voluta e ‘fatta’ da Jackson che ha ri-creato un mondo, giocato con esso, entusiasmato con niente o con tutto di più. Ma ha inseguito un progetto di creazione non di sola promozione. Non ha avuto bisogno di mascherare il ‘fatto’ o di lasciare scivolare notiziole a uso e consumo solo degli amanti del web. Effettivamente i produttori del nuovo mostro hanno voluto e saputo cavalcare l’onda lunga dell’11/09. Hanno anche inventato una bevanda fasulla e i vari siti non hanno certo lesinato foto dei protagonisti della seria Heroes o Alias… che se la bevono tutta. Insomma tutto fasullo e a basso costo, solo marketing action affinchè poi ognuno di noi potesse correre al botteghino in preda all’ansia di vedere chissà cosa. Risultato peraltro puntualmente ottenuto perchè un filmetto come questo ha aperto orizzonti e superato limiti di profit prima mai toccati se non forse relativamente da Blair Witch Proj, che però è tutt’altra operazione. In ogni caso Cloverfiled è già sparito dal box office USA.
Questo penso dopo essermi un pochetto informato, non tanto però, ma quel che basta per preferire Herzog Antonioni Wender Burton Gilliam o qualsiasi altro regista che ‘fa’ dell’arte e non vende intrattemento mediocre e fine a se stesso.
Cordialmente
Dario Arpaio
Il dibattito potrebbe piacevolmente protrarsi per ore, ma nn credo nemmeno di avere le competenze per farlo. In ogni caso, io sono uno di quelli che il film se l’è visto senza rincitrullirsi di false notiziole, ma solamente spinto dal vedere come si muoveva questa soggettiva, curioso di capire se l’effetto vomito si riproponeva (per fortuna stavo in ultima fila). Per il resto preferisco anche io il regista che fa arte, ma resto anche consapevole del fatto che ogni tanto il mio cervello vuole adagiarsi nella poltrona e lasciarsi intrattenere. Altre volte invece preferisco perdermi in pensieri, immagini, suoni, e tuffarmi in cose anche troppo ardite per me…
ma certamente! è così piacevole vedere filmacci di puro intrattenimento. Li vedo (quasi) tutti, spesso divertendomi. Mica dobbiamo solo e sempre riflettere con le sopracciglia aggrottate, anzi. Personalmente apprezzo films di intrattenimento d’altro genere ma che, comunque, siano opera d’artigianato. Ovvero se le operazioni di puro marketing avranno il sopravvento sul ‘fare’ (del quale ho già parlato fin troppo e un po’ a sproposito, spero di venir perdonato dal mio prof di estetica) il cinema diventa puro botteghino e non è più diverso da un fustino di polvere per lavare i panni.
questo è ciò che penso io e ovviamente non sono infallibile, forse un po’ démodè.
grazie comunque per la tua attenzione! è sempre bello confrontarsi per migliorare e soprattutto avere sempre costante l’umiltà di fare una sana autocritica.
salutoni.
dario arpaio
Posso dire la verità? Tralasciando per un attimo il marketing(argomento di non mia competenza) devo dire che ho apprezzato molto il nuovo stile di ripresa che ha reso il film ancora più comico. Pensiamo infatti al mostro e famiglia: codesti esseri hanno suscitato in me profondi dubbi; non ho capito subito la loro origine: poi riflettendoci, ho dedotto dalle loro movenze, dalle loro posizioni rispetto al mostro principale, e da ciò che hanno causato nella ragazza, che improvvisamente esplode al campo, che questi fossero le emorroidi (scusate) del gigante.Del resto in un film del genere….
Sono arrivato perciò a questa conclusione: guardatevi le spalle gente, e se volete rilassarvi forse è sempre meglio una comica di Stanlio&Ollio. Sbaglio???
Cordialmente.
Due cose per fare chiarezza: il marketing di cui si parla viene definito non a caso viral marketing, proprio perché tratta elementi fittizi, nonostante ci sia la forte volontà di renderli credibili e diciamo ”reali”. Il giochino sta in questo far credere alla gente la veridicità di questi siti e di questi video per aumentare l effetto di realtà che il film vuole mediare. Poi più che un tentativo allusivo a Godzilla, il Giappone e Slusho vengono utilizzati da Cloverfield in maniera inversa e reciproca rispetto a The Host (film catastrofico giapponese dove un mostro viene risvegliato dall’ esercito statunitense). Infine prima di parlare di meta-film dell’ era web ricordiamoci che c’ è un precursore con la stessa identica campagna di lancio su internet che è The Blair Witch Project e diciamo anche che Cloverfield non è neanche un meta-film, Cloverfield non è un film che parla di sé stesso, vuole semplicemente essere creduto un video realmente ritrovato e basta, non ha niente di metacinematografico, semmai è un film con un paratesto o un ipertesto. Cmq secondo me fare un film del genere girandolo in maniera non canonica è una delle poche vie per poter attirare ancora la gente in sala con l’ ennesimo film catastrofico, alla fin fine tiene abbastanza attaccato alla poltrona e il fatto di farti vedere sempre quello che accade aumenta la nostra curiosità e la nostra voglia di saperne di più a dismisura.
Cordialmente
Scusate l’ ultima frase ma è sbagliata, volevo dire: ”il fatto di NON farti vedere sempre quello che accade….”
E’ molto stimolante e piacevole non essere tutti d’accordo. Abbiamo la possibilità di incontrarci e scontrarci su temi di comune interesse. Certo è che pur comprendendo e ringraziando Charline che ci offre un’analisi per così dire estetica e ben più approfondita della mia o di quello che secondo me è solo un filmaccio, resto del mio avviso, ovvero (s)vendere l’arte, o ciò che si ritiene tale, non è comparabile alla ben più qualitativamente alta ricerca di forme nuove di comunicazione con tutti i para , gli iper e i meta che si voglia o si possa poi analizzare. Prendere in giro il pubblico solo per far botteghino non è arte. D’altra parte non si può neanche dimenticare che lo stesso E.A.Poe, dopo il grande successo del suo Corvo, andava burlandosi dei salotti bene, che lo ricercavano con devota ammirazione , raccontando solo ciò che i lettori volevano sentirsi dire. Azione che permise a Poe stesso di raggranellare parecchi quattrini grazie alle sue civettuole menzogne.