La Lezione 21, un violino e la neve

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john-hurt.jpgIl prof. Alessandro Baricco, dottore in filosofia, diplomato in pianoforte al Conservatorio di Torino, ci invita a una lezione sui temi della composizione e della prima esecuzione pubblica della 9° sinfonia di Beethoven, con una particolare attenzione alla fama di quel celeberrimo 4° movimento basato sull’Inno alla Gioia di Schiller. Baricco è certamente un autore raffinato e poliedrico nel romanzo e nel teatro, e si cimenta ora con il cinema. Lo affronta in prima persona, con un occhio a Ken Russell e uno alla sua indubbia capacità di vendere ciò che è oggetto d’arte. Questo film, Lezione 21, potrebbe sembrare un pastiche di immagini che si superano, si contraggono, si espandono, una sull’altra, solo con l’intento di distruggere il mito della Nona per poi ricostruirlo, quasi intatto, rendendocelo alla fine nella sua superba perfezione michelangiolesca. La Lezione 21 del film è intesa come la celeberrima ora di critica dell’arte tenuta dal caustico professor Mondrian Killroy (John Hurt). Il professore inglese ama distruggere tutto, soprattutto i luoghi comuni che quasi offuscano la verità sui grandi miti. Dopo la sua ultima lezione scompare dalla vista dei suoi studenti per regalarci alla fine, nella penombra di un bowling abbandonato, un monologo sublime che è una dura, quasi sommessa e rassegnata riflessione sulla vecchiaia inesorabile, sulla bellezza che fugge via e più non torna. Il tutto mentre sfrigolano due uova (o qualcos’altro) in un tegamino per la sua cena a base di arte, di consapevolezza sull’esistenza, di solitudine infinita. La stessa del musicista piombato nel vuoto assoluto della sua sordità e che, dopo un’assenza di dieci anni dal suo pentagramma, compone quell’ultima sinfonia per schiaffeggiare l’attenzione del pubblico viennese forse troppo attento a quell’italiano sciocco, quel Rossini così di moda. Beethoven scrive ‘contro’ quella borghesia che pensa solo a danzare sulle note degli Strauss, del tutto disinteressata all’ascolto di quel vuoto atroce al quale è condannato il grande compositore. E così, il grande genio, burbero, iroso, cattivo, si vendica offrendo quell’assoluta perfezione che, poi, un povero violinista, chiamato da Baricco a varcare la soglia della sua morte in 54 passi, inseguirà per sempre con il suo violino. Tra neve e ghiaccio si affollano personaggi, dai connotati quasi fantasy, per accompagnare quel violinista dall’aria innocente per travolgerlo in un pot-pourri di ironia, disprezzo e tenerezza, in un crescendo di immagini pittoriche di grande effetto visivo. In questo raffinato crogiolo, in un volo d’uccello, sta la grandezza e il limite del film Lezione 21, che culmina in un grande finale, da rivedere, nell’attesa, perché no, di una nuova sceneggiatura di Baricco, di un nuovo film o di un nuovo sogno. Non è forse lo stesso, a volte?

Dario Arpaio.

2 commenti su “La Lezione 21, un violino e la neve”
  1. Guendalina Borgia ha detto:

    Leggere quest’ennesima recensione, sempre peraltro molto interessante, ha fatto nascere in me la curiosità e il desiderio di sapere dove il nostro recensore trova parole così belle che, messe insieme, creano non degli “scritti” ma quasi delle “melodie”, per rimanere in tema. Tant’è che mentre si legge si viene quasi portati per mano nel più profondo del film in argomento.
    Avrò mai una risposta? E ancora “complimenti”.

  2. Dario Arpaio ha detto:

    ringrazio! ma è solo merito del-dei films.
    per esempio ieri sera, rientrato da un viagio di lavoro, ho avuto modo di rivedere Una Canzone per Bobby Long con Travolta come non lo avevo mai visto, una brava esordiente Scarlett Johansonn ma soprattutto una sceneggiatura veramente superba. Lì sono i sogni o quella realtà che non vediamo (o ci viene chiesto di non vedere). Lo sceneggiatore, il regista, gli attori… lì si fa la magia alla quale ricorrere per esorcizzare i mostri televisivi; ancora di più oggi che ci viene chiesto di tenere la bocca chiusa con varie azioni censorie… e quì mi fermo…


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