Il Mondo di Horten, la Norvegia, il treno e le scarpette rosse

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il-mondo-di-horten.jpgBent Hamer è sceneggiatore, produttore e regista de Il Mondo di Horten, una piacevole sorpresa tutta norvegese che ci viene offerta dall’autore dopo lo struggente film del 2005, Factotum, con Matt Dillon nei panni del grande poeta ubriacone Charles Bukowski. Hamer muove la sua macchina da presa con delicatezza sorniona e divertita nel mondo di Odd Horten (Bard Owe), un macchinista ferroviere che va in pensione. Il giorno prima del suo tempo nuovo, la vita è quieta, ordinata, scandita dai minuti, dalle tabelle di marcia regolari. Il suo lento fumare l’inseparabile pipa è ritmato dallo sferragliare del treno azzurro attraverso un paesaggio bianco norvegese. Il giorno seguente non c’è più il tempo del lavoro, non ci sono più i colleghi, non c’è più neanche il treno se non in forma di statuina ricordo. Sia subito chiaro: il film non è un’elegia della vecchiaia, e neppure una sequenza sulle problematiche della terza età o della pensione. Il Mondo di Horten è la sua vita, così come viene, con i suoi imprevisti, buffi o drammatici, anche con le nuove sfide da affrontare per fugare la paura di un ricordo. Odd Horten è l’eroe che gioca sulla scacchiera delle cose semplici e vince con determinato candore. Bent Hamer osserva con discrezione e con ironia. Niente risulta banale, tutto rientra in un canone di conoscenza divertita e divertente, vissuto in uno sguardo trasognato davanti a ciò che la vita può offrire. Anche se ci si trova magari all’alba, nel centro di Oslo, seduti in una vecchia Citroen guidata da un vecchio strampalato, con il passamontagna ben calato sugli occhi. E questo può succedere appena dopo essere scappati da una piscina pubblica calzando un vistoso paio di scarpe rosse da donna e con i tacchi alti. Niente è stonato nella vita di Horten, basta volerla vivere come lui, con ironia, con distacco, con la curiosità e i fremiti di un ritrovato primo amore.
Dario Arpaio


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