Tutto vero in Nessuna Verità

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body-of-lies-nessuna-verita.jpgRidley Scott pare aver fretta, come se corresse contro il tempo dei suoi film, preda di un’ansia simile a quella dei replicanti del suo Blade Runner. D’altra parte pochi sono i registi capaci come lui di cimentarsi in montaggi senza un attimo di respiro, action movies senza una pausa breve quel tanto da consentire ai personaggi di uscirne fuori indenni, privi di ammaccature.

Così è come per l’armatura del guerriero, quella sporca di terra e di sudore. Quella da parata non serve. Al gran ballo della guerra tutti sono vittime e carnefici. Anzi la dicotomia tra bene e male non esiste, è un malinteso voluto, un artificio pretestuoso, è solo frutto di falsità, per vincere o per non morire, o semplicemente per sopravvivere al tempo che si fa beffe di noi.

Non c’è nemmeno spazio per la quiete nella redenzione, a meno di riuscire a trovarla nel breve amore per una donna o nell’amicizia virile, coniugata in quel barlume di rispetto che a volte gli uomini, pur nello scontro duro, possono provare gli uni per gli altri. In Nessuna Verità sono proprio loro le vittime degli inganni da essi stessi tramati. Questo è Nessuna Verità per Ridley Scott, che cuce e scuce i continui duetti dal ritmo sincopato di Leonardo Di Caprio con Russell Crowe, agenti CIA in azione in Medio Oriente contro Al Qaeda. Tra loro pure si intromette con eleganza un bravissimo Mark Strong nei panni del capo dei servizi segreti di sua maestà il re di Giordania.

Lo sceneggiatore, William Monahan, sembra anche lui ossessionato dal tempo come Scott, ma anche dalle tecnologie più avanzate. Ogni istante un telefonino squilla, un satellite trasmette, intercetta, schermi svelano trame e volti, come già visto nella precedente sceneggiatura di The Departed del 2006 che ha reso celebre questo giornalista del Washington Post. Nessuna Verità  è servito  ben incartato in ciò che di fascinoso è proprio della cultura del Medio Oriente, velata in un tempo assolutamente diverso, antico, rarefatto, saldo nei principi e nelle regole. Monahan e Scott ne sono certamente cultori attenti e interessati così come hanno già mostrato con Le Crociate del 2005, scritto dall’uno e diretto dal secondo. Quel film, per il vero, fu molto criticato per la ricostruzione storica dei fatti, approssimata e imprecisa, ma a Scott non interessa altro se non la danza dei suoi personaggi nella sua storia, quella piccola il cui corso, un uomo, se vuole, può cambiarlo. Deve cambiarlo, da guerriero.
Pregevole film, Nessuna Verità, anche se il finale, onestamente, risulta un pochetto forzato e forzoso. Chissà, forse è solo un’alchimia per la corsa alle nominations e alla statuetta, se non per Crowe, magari per Di Caprio e Hollywood è lì che aspetta, Scott lo sa bene.

Dario Arpaio


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