Natalie! Natalie! Natalie!
Di Dario ArpaioQuesta notte gran finale al Kodak Theatre. Si conosceranno i nomi, si vedranno sfilare emozionati, commossi, i vincitori delle statuette dello zio Oscar. Le riprese televisive inquadreranno anche i volti dei perdenti.
L’assegnazione dei Golden Globe, come ormai consuetudine, ha già suggerito nomi e titoli dei papabili tra quelli di The King’s Speech, Il Grinta, The Social Network, La Versione di Barney, I Ragazzi stanno Tutti Bene, 127 Hours, The Fighter, Inception… Tutte pregevoli realizzazioni, tutte eccellenti perfomances che si contenderanno la statuetta dorata. Nella categoria ‘migliore attore protagonista’ certamente Colin Firth è in pole position, molto merito va anche a James Franco e, ancora una volta, appare Jeff Bridges. Ma tra le attrici non vedo altro che lei, Natalie Portman, sublime Natalie sulle punte con il suo Cigno Nero.
La ragazzina esile e impertinente, che dava la mano a Jean Reno in Leon di Luc Besson, ha corso senza posa da un film all’altro, ha vissuto in personaggi principeschi o buffi, ma, soprattutto, ha cercato caparbiamente una via più alta, più complessa lungo la strada verso la perfezione nell’arte interpretativa.
E’ il 2000, Darren Aronofski vede proprio in lei qualcosa di inespresso che potentemente bussa per venire alla luce. I due si incontrano e iniziano a confrontarsi su di un nuovo progetto, una storia d’amore tra un wrestler e una ballerina. Il regista poi elaborerà e porterà al successo due diversi film, The Wrestler (2008) e il Cigno Nero (2010), che alla sua presentazione al Festival di Venezia riceverà la standing ovation più lunga dedicata all’esordio di un film nella rassegna più ambita.
Tra il wrestler e la ballerina vi sono anche dei punti di contatto, e non solo perché la mano del regista è la medesima. C’è il travaglio interiore, la sofferenza della carne, c’è infine l’applauso del pubblico che supera, nell’attimo del tripudio, ogni forma del dolore. Analogie, possibilità discutibili o meno.
Aronofski stesso applaude la Portman per la sua perfomance andata oltre ogni aspettativa di riuscita. La Nina del Cigno Bianco e del Cigno Nero vive tragicamente la sua ricerca della perfezione dentro la sua stessa disperazione schizofrenica, tra apparizioni allucinatorie e desiderio di morte, tra l’amore assoluto per il superamento di ogni limite nell’impossibilità di una vita regolata fino a sublimarsi nel gesto ultimo, il sacrificio estremo. Nina si consuma nella sua luce, si cristallizza nello spazio di un volteggio, la sua arte resta sospesa sulle punte, irraggiungibile nel dramma annunciato.
Tutto si brucia in un crescendo inesorabile, in un thriller psicologico di rara bellezza. Le associazioni vanno immediate al miglior Polanski, quello de L’Inquilino del Terzo Piano, di Rosemary’s Baby. Aronofski è eccellente nella regia. Ma su tutto svetta lei, la piccola Natalie, indiscussa regina dei cigni, in un ruolo complesso, inquietante, raccapricciante, pieno di selvaggia disperata passione.
Dario Arpaio
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Bravo, Dario! come sempre un ottimo articolo! sei riuscito ad andare in profondità e leggere, oltre le immagini, le sensazioni contrastanti, le sofferenze, le passioni e la disperazione che vivono in questa donna.
Non ho ancora visto il film, ma mi riprometto di andarci al più presto!
grz per il tuo commento.
se si avesse tutti la possibilità di vedere il film in lingua originale …
lei è davvero magica …
(tra l’altro in versione sottotiolata, non è poi così impegnativo).
Sono poche le attrici capaci di recitare con tale intensità di corpo e di parola !
ciao
dario