300, l’alba di un impero. Snyder e Miller ci riprovano
Di Dario ArpaioDopo lo strepitoso exploit di 300 del 2006, Zack Snyder ne approfitta e ci riprova, o meglio Frank Miller, una volta assaporato il successo straordinario del film, ci ripensa e tira fuori dal cassetto altre tavole, Serses, che, nella Storia (diciamo così, senza voler offendere gli storici veri) corrono parallele al magnifico precedente album omonimo, pubblicato dalla iconica Dark Horse di Milwaukie, Oregon (prima edizione stampata in China nel ’99). Ed ecco che arriviamo alla battaglia navale della rada di Salamina, poche navi greche e tante tante persiane, non al diretto comando di Serse, bensì di una donna, la spietata Artemisia, vera novità di questa sorta di sequel dal titolo 300, l’Alba di un Impero, che titola meglio nell’originale, ovvero 300, Battle of Artemisia.
Il tratto della matita di Frank Miller è magico. I suoi personaggi esprimono eroismo e potenza virile. Gli scontri fisici sono terribili nella foga. La desaturazione dei colori è drammaticamente estrema. L’urlo degli indomiti guerrieri di Sparta schizza fuori da ogni pagina. Il primo film girato da Zack Snyder rispondeva fedelmente, inquadratura dopo inquadratura, a ogni tavola illustrata, il che ha fatto di 300 un vero gioiellino, grazie anche alla presenza di un carismatico Butler/Leonida. Altro è il sequel, che poi tale non è, perché gli eventi narrati sono pressocchè contemporanei alla battaglia delle Termopili. 300, l’Alba di un Impero (quale?) è soprattutto una attenta e disinvolta operazione commerciale che poco offre di più o di meglio rispetto al precedente se non schizzi di sangue a profusione e qualche scena di sesso. Certamente la mano di Snyder è la medesima del primo film, quindi i fan apprezzeranno il ripetersi del rallenti, qui portato all’eccesso, che permette, se non altro, di gustare ciò che la graphic novel di Miller ha ideato.
Insomma, ecco 300, l’Alba di un Impero, e se gli Spartani si sono fatti massacrare nell’estremo sacrificio, gli Ateniesi ci provano a fermare in mare il grande Serse, desideroso di vendicare la sconfitta del padre Dario. L’imperatore persiano è ancora impersonato da Rodrigo Santoro, nel suo trucco esageratamente esasperato, dalla camminata ancheggiante stile top model in delirio di onnipotenza. L’avversario è Temistocle, il vincitore di Maratona, interpretato dall’australiano Sullivan Stepleton, un po’ meno credibile di Gerard Butler/Leonida. La grande bellezza di questo 300 parte seconda è lei, Eva Green, dark lady, terribilmente sexy, che impersona Artemisia al comando della flotta persiana, in preda al suo furore di vendetta, però femmina come in Dreamers di Bertolucci, che l’ha scoperta, poi ancora magnifica Vesper come nemmeno Jan Fleming avrebbe saputo affiancare a 007 in Casino Royale. Gli occhi di Eva Green fiammeggiano in 300 così come quelli della sua principessa Sibilla, nelle Crociate di Ridley Scott, sapevano amare compassionevoli.
In conclusione, 300, nascita di un impero è, tutto sommato, divertente, almeno per gli appassionati di graphic novel e, nella fattispecie, di Frank Miller. Va detto che è stato girato al 90% con il computer, quindi cinematograficamente discutibile, salvo che non si spaccino gli effetti speciali per cinema innovativo. Meglio inquadrarlo come una sorta di raffinato videogioco, con i buoni che alla fine vincono sempre, anche se in un bagno di sangue e parti anatomiche sparse.
Dario Arpaio
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