Agorà, vita e morte di una donna libera
Di Dario ArpaioC’è stato un tempo in cui la storia del pensiero dell’Occidente ha vissuto la sua più bella età, mai ripresentatasi tale per senso di libertà e ricchezza intellettuale. Gli uomini di filosofia e di scienza, semplicemente osservando il giorno e la notte, il cielo e la terra, interrogandosi l’un l’altro, hanno tentato di carpire all’universo il senso e i significati più profondi dell’essere e della sua essenza. Era la Grecia dei filosofi a guidare e ispirare il pensiero dell’uomo. Poi venne Roma e fu l’apice e il declino di tutto. Ciò che è venuto dopo non è stato altro che un continuo ripetersi, esaltare o confutare, contraddire tutto quanto era stato già detto da quegli uomini liberi.
Alejandro Amenabar con la sua ultima fatica, Agorà, ci accompagna nel IV secolo d.C. ad Alessandria d’Egitto e, per la prima volta nella storia del cinema, porta sullo schermo la figura di Ipazia, filosofa, matematica, astronoma, figura tra le più alte del suo tempo, della sua vicenda pubblica e del martirio subito a causa del suo sconfinato amore per il sapere libero da ogni condizionamento.
Alessandria nel 391 d.C. rappresentava quello che oggi potrebbe essere assimilato a una qualsiasi grande metropoli cosmopolita ricca di fervore intellettuale. Per rappresentarla Amenabar si è avvalso della collaborazione di storici, di esperti cartografi, e persino di astrofisici ai quali è stato chiesto di riprodurre addirittura la posizione delle stelle e dei pianeti di quello stesso cielo che Ipazia interrogava incessantemente per comprenderne i meccanismi. Nulla è stato lasciato al caso nella produzione di Agorà, film di grande respiro dal budget di 50 milioni di euro.
Amenabar ha scritto anche la sceneggiatura insieme con l’amico Mateo Gil. I due avevano già collaborato per lo struggente, indimenticabile Il Mare Dentro che ha ottenuto l’Oscar come miglior film straniero, oltre a quello assegnato a Javier Bardem come miglior attore, e ad altri 58 premi internazionali. Il Mare Dentro, lo ricordiamo, fu molto criticato e osteggiato dalla Chiesa per essere un’accorata riflessione sull’eutanasia e sulla libertà di morire. Altrettanto si temeva che Agorà, dopo essere stato presentato con grande successo a Cannes, non riuscisse a trovare un distributore in Italia a causa dei fatti storici narrati, nei quali la Chiesa, attraverso la figura del vescovo di Alessandria, Cirillo, è colpevole di avere indotto stragi, oltre al linciaggio della filosofa Ipazia, rea di aver rifiutato la fede cattolica in nome della libertà di pensiero.
Proprio questi sembrano essere i due temi fondamentali del film. Da un lato troviamo una donna, una scenziata e il suo amore sconfinato per la conoscenza che non cede a lusinghe e minacce, nel vano tentativo di preservare la libertà di pensiero e la ricchezza della tradizione. Dall’altro c’è il nuovo che avanza sotto la forma di un fondamentalismo cristiano sobillato da vescovi intolleranti che aizzano bande squadriste, tanto simili nell’aspetto agli attuali talebani. Da un lato l’antico sapere, dall’altro il nuovo che si mischia con la sete di potere, tracimando in atti violenti e scellerati che ben poco hanno a che vedere con la Parola d’amore del Cristo.
Beninteso, Amenabar con Agorà non si pone in atteggiamento critico verso la Chiesa, sceglie la cronaca, o meglio, come lui stesso afferma, vuole mostrarci la storia vista dal buco della serratura, senza forzare lo sguardo dello spettatore. Agorà secondo Amenabar “è la storia del passato che si rivolge in maniera indiretta a quello che avviene nel presente. E’ uno specchio che le persone possono guardare e osservare attraverso la distanza del tempo e dello spazio, per constatare quanto poco sia cambiato il mondo.”
Libertà al libero pensiero e condanna di ogni fondamentalismo, contro ogni fanatismo, sia esso cristiano, ebraico o musulmano. Questo sembra essere il messaggio del film affidato alla vicenda di una donna così straordinariamente anticipatrice dei tempi.
Dopo il suo martirio, il vescovo Cirillo, spalleggiato dai suoi ‘parabolani’, monaci armati, prende il potere su tutta la città, caccia gli ebrei, confiscandone i beni; costringe gli elleni alla conversione, pena l’esilio. Cirillo verrà fatto santo e sarà anche proclamato Dottore della Chiesa.
Quanto, quanto c’è ancora da approfondire nel sublime nobile richiamo di Giovanni Paolo II ai cristiani tutti, invitandoli a “purificare la memoria”, chiedendo umilmente perdono per quante, troppe volte il messaggio d’amore di Cristo sia stato pretestuosamente frainteso, strumentalizzato a vantaggio di un potere umano.
Dario Arpaio
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