Alix e i suoi Angèle et Tony

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Alix Delaporte arriva al suo primo lungometraggio, Angèle et Tony, dopo i successi ottenuti come sceneggiatrice e autrice di cortometraggi. Il film è una storia d’amore semplice, calata nella splendida cornice della Bassa Normandia, che narra l’incontro di due solitudini. Lei, appena uscita di prigione, va in cerca di un marito per potere riottenere l’affidamento del figlio. Lui, pescatore un po’ introverso, è in cerca d’amore. Dopo i primi approcci poco esaltanti, entrambi scoprono di avere bisogno l’uno dell’altra. La storia si lancia e si conclude in riva all’oceano, là dove rimane scoperta con la bassa marea quella terra di Normandia, così scura e aspra, che parrebbe respingere ogni sentimentalismo.

E’ delicata la regia della Delaporte, giocata dentro e intorno agli sguardi che si rincorrono, si scontrano. Poche parole tra i due, sparpagliate tra i silenzi colmi, a tratti, di un disperato bisogno di amore, di essere compresi, accettati per ciò che si è, al di là degli schemi o delle necessità.

E poi ci sono i pescatori con le loro proteste verso il sistema che li condanna a una sempre più dura esistenza. Il mare non regala nulla e quel poco viene tartassato da leggi, spesso ipocrite. I pescatori di Normandia sono compatti nell’avanzare le rivendicazioni e Tony è con loro, insieme con il fratello, pronti a scontrarsi con la polizia.

Bravi i protagonisti, Clotilde Hesme e Grégory Gadebois, da noi pressoché sconosciuti, capaci di assecondare la regista lungo il percorso di una sceneggiatura lineare, ripagandola con buona intensità interpretativa, tenendo per tutto il film, senza sbavature. Angèle e Tony risente certo dei crismi della migliore scuola francese, che Alix Delaporte fa suoi, esaltando in maniera del tutto personale il gioco delle immagini, dei volti, dei silenzi, così bene accostati alla voce dell’Oceano.

Dario Arpaio


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