Amabili Resti, ma poco spessore

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Mentre era ancora impegnato sul set di King Kong, Peter Jackson aveva già dichiarato di voler girare Lovely Bones, Amabili Resti, del tutto affascinato dalla lettura dell’omonimo romanzo di Alice Sebold, pubblicato negli Usa nel 2002 e diventato immediatamente un best-seller.

La vicenda narra di una quattordicenne, stuprata e uccisa da un pedofilo. La ragazzina, dopo la morte rimane in una sorta di ‘terra di mezzo’, sospesa tra la vita reale e l’aldilà. Come se fosse prigioniera in una palla di neve, assiste al dolore dei suoi familiari e vede il suo assassino prepararsi a uccidere ancora.

Il grande regista neozelandese, che ha saputo farci sognare con la meravigliosa trasposizione cinematografica dell’opera di Tolkien, in Amabili Resti sembra quasi disorientato dalle tante troppe fascinose immagini che il romanzo della Sebold pare avere suscitato in lui stesso. L’esperienza della morte, ancorché disperatamente traumatica come può essere quella di una vittima di violenza, il viaggio verso l’aldilà, il distacco, la separazione dal corpo, tutto viene interpretato quasi in un esercizio calligrafico da Jackson. Il suo indubbio grande talento sembra disperdersi in un susseguirsi di immagini mirabolanti, a volte kitsch, altre dal sapore vagamente New Age, senza mai catturare davvero l’emozione, nonostante il forte sostegno delle musiche arrangiate da Brian Eno.

La narrazione in prima persona della protagonista risulta troppo frammentata rispetto al romanzo. I personaggi sembrano schizzati attraverso pochi tratti, anche un po’ distrattamente, e non traspare mai un vero pathos narrativo da una sfilacciata angosciosa dimensione onirica.

Questa regia di Jackson non impone il suo segno, con la sola eccezione della intensa sequenza che vede la sorella della vittima entrare di soppiatto nella casa del pedofilo per cercare le tracce dei suoi sospetti. Una grande sequenza davvero, cadenzata da un grande ritmo degno del migliore Hitchcock.

Straordinariamente espressiva è la sedicenne Saoirse Ronan nel ruolo della sfortunata ragazza. Tutti gli altri interpreti restano in secondo piano rispetto alle immagini  dell’aldilà, e, a partire da un improbabile Susan Sarandon nel ruolo della nonna, non suscitano alcuna emozione vera. Mark Wahlberg è troppo leggero nel ruolo del padre, non dà alcuno spessore al suo ruolo, così come Rachel Weisz nel ruolo della madre.

Eccelle Stanley Tucci nei panni del maniaco che ha ricevuto la nomination per l’Oscar come migliore  attore non protagonista, ma forse è un po’ troppo. Bravo lo è certamente, ma addirittura la nomination… Pare quasi il contentino che Hollywood ha voluto attribuire ad Amabili Resti, respingendolo in un limbo dal quale c’è da sperare che Peter Jackson sappia uscire al più presto rinfrescando la sua grande talentuosa vena registica. Probabilmente del romanzo c’è poco anche e soprattutto dell’intento della Sebold così attenta alle vicende delle giovani vittime di violenze e a tutto ciò che ne consegue nello strazio del dopo.

Dario Arpaio


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