Armadillo: tutta la potenza di un documentario
Di Elvezio SciallisSiamo ormai abituati ai film sulla guerra, persino a quelli che si occupano delle guerre più recenti e questa assuefazione ci ha forse portato ad accettare come normale il processo di spettacolarizzazione della violenza fino a renderci insensibili nei suoi confronti.
Bombe che cadono, mitragliatrici che sparano all’impazzata, soldati che muoiono, civili presi in mezzo al fuoco: in questi film non c’è molto che possa ormai scuoterci.
Ma ecco che un documentario può arrivare in questo caso ben più lontano dei film e riuscire a farci capire, magari anche con una semplice inquadratura di pochi istanti, l’atrocità e l’insensatezza della guerra.
Il documentario in questione è Armadillo, un insieme di riprese effettuate da una troupe danese durante un periodo di sei mesi nel 2009, al seguito di un plotone del loro Stato.
Armadillo ha raccolto premi ovunque e un generale plauso della critica, finendo anche con il vincere la Settimana della Critica a Cannes e suscitando molto clamore e anche qualche dubbio sul confine fra documentario e film vero e proprio.
Seguite con attenzione il trailer che vi proponiamo: scene abbastanza “comuni” fra soldati che giocano e tentano di divertirsi per scacciare la noia delle infinite ore di stanza al campo, poi gli scontri e poi…
A un minuto e venticinque secondi dall’inizio del filmato, poco prima dei titoli, c’è una inquadratura di qualche secondo sul volto di un soldato sotto completo shock.
Ecco, quello sguardo, quella terribile inquadratura possono arrivare ben più in là di tanti film e forse suscitare in tutti noi ancora un po’ di giusto orrore per la guerra, scuotendoci dall’indifferenza. Guardatelo anche voi e poi diteci nei commenti cosa ne pensate…
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