Benjamin Button

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curioso-caso-di-benjamin-button.jpg“La vita sarebbe infinitamente più felice se solo potessimo nascere a 80 anni e gradualmente raggiungere i 18”… A questa battuta di Mark Twain si ispira Francis Scott Fitzgerald in un suo breve racconto fantastico Il curioso caso di Benjamin Button. A quel racconto si rifanno oggi David Fincher, il regista, ed Eric Roth, lo sceneggiatore del film al quale sono state intitolate 13 nomination per l’assegnazione dell’Oscar dell’ormai prossimo 23 febbraio. E tutti e tre gironzolano, ciascuno a modo proprio, intorno a uno dei mille proverbiali motti del vecchio Twain, il quale doveva sempre dire la sua, a torto o ragione, su tutti e tutto, talvolta illuminando, talaltra semplicemente spettegolando su questo e quello. Erano forse altri tempi ed è proprio il 1918 quando vede la luce il Benjamin Button del film, un neonato con la pelle grinzosa e le ossa fragili di un ottantenne. Lo rifiuta il padre, sconvolto dalla morte per parto della moglie. Lo raccoglie una donna di colore, badante tutto fare in un ospizio per anziani. Così inizia la vicenda fantastica di un uomo che rincorre la sua infanzia, che ripercorre all’indietro la sua stessa vita. Non è proprio quello che intendeva Twain: per quest’uomo tutto è nuovo, tutto è scoperta, non c’è saggezza innata. Impara a conoscere il gioco e le fiabe e la tastiera del pianoforte, così come farebbe un bambino del suo tempo, pur se accompagnato nel suo crescere all’indietro da coloro per i quali ogni tocco di orologio può essere l’ultimo. Così come il grande orologio che campeggia nell’atrio della stazione di New Orleans. Anche le sue lancette corrono all’incontrario. L’ha voluto così l’orologiaio cieco, in una provocatoria metaforica disperata speranza del ritorno di tutte le vittime della guerra mondiale, in quel momento, appena finita. Benjamin cresce, o meglio ringiovanisce anno dopo anno, attraversando la Storia con la sua piccola vita fatta delle emozioni, gioie e delusioni del tutto simili a quelle di chiunque. L’amore è al centro di tutto, dove la conoscenza vera è cercare nell’altro quel senso della donazione totale di sé. Tutto ciò vive Benjamin e gli altri con lui, fino alla fine dei suoi giorni all’incontrario. La regia di David Fincher è molto attenta, calibrata, un po’ artificiosa, troppo costruita per il successo, per la lacrima facile, per le nomination agli Oscar. Ne ha ottenute 13, forse anche troppe. Fincher è meno vivo, meno genuino che nel suo passato registico. Arriva a Button dopo film bellissimi come Alien, Seven e soprattutto Fight Club che, tra l’altro consacra Brad Pitt come grande interprete. La sceneggiatura di Eric Roth è abbastanza ricca di tensione, ma si crogiola troppo e maliziosamente sul successo della sua precedente di Forrest Gump. I tempi son cambiati, il candore del sempliciotto che supera ogni ostacolo non regge più. Oggi il cinismo reale è ben più forte della voglia di sognare. Brad Pitt è pur molto bravo nel ruolo del protagonista, ma forse la nomination come miglior attore protagonista è un po’ eccessiva. Del tutto eccellente e straordinaria è invece la struggente interpretazione di Cate Blanchett nel ruolo della compagna di quell’uomo che ringiovanisce mentre lei invecchia. Di grande qualità è il coro dei ‘non protagonisti’, uno più bravo dell’altro, a cominciare da Taraji Henson, la mami che cresce il piccolo vecchio, candidata all’Oscar. Non si devono però dimenticare Tilda Swinton, Christopher Maxwell, Julia Ormond e tutti tutti quelli che corrono con Benjamin verso il finale, verso il momento in cui tutti i nodi vengono al pettine, quando il tempo non potrà più essere ingannato, quando anche un vecchio orologio che corre all’indietro dovrà cedere il passo. Tutto torna e riparte, quasi gratuitamente, e la nostra volontà di vita può influire, ma solo fino al limite che ci riconosce (forse) figli del Caso a cui tutto si riconduce, che si voglia o no. Lo strano caso di Benjamin  Button resterà insoluto, irrisolto per ciascuno di noi. Avremo forse solo una e una sola chance, come quella di Benjamin e Daisy che vivranno il loro momento magico, uniti in quel breve interludio, quando le loro rispettive età potranno incrociarsi, come il sole e la luna, in un attimo fuggente di felicità esplosa e subito smarrita  nel tempo.

Dario Arpaio

3 commenti su “Benjamin Button”
  1. paola ha detto:

    Proprio sabato ho visto questo film.Ho letto la tua recensione e mi è piaciuta.
    Molte riflessioni si possono fare sulla storia, ma direi che l’idea più originale è proprio questo andare a ritroso nel tempo,che fa riflettere sul desiderio più o meno dichiarato di ritornare indietro nel tempo che ognuno di noi ha…forse così bello non sarebbe, ma potrebbe anzi rivelarsi una tragedia.
    E poi è bella questa storia d’amore, il cercarsi e l’amarsi da sempre ma riuscire a vivere concretamente la storia solo per un breve tempo: solamente nel momento in cui le due età coincidono.
    Beh,così bravo Brad Pitt non l’ho trovato. Brava lei, Cate Blanchett, ed eccezionale il truccatore ed eventuali controfigure (penso) o effetti. Bellissime le inquadrature e la fotografia, molto giocata sui grigi e sui toni smorzati, per illuminarsi solo in alcuni momenti, forse proprio nei più lirici: ad esempio in quella scena in cui lei balla davanti a lui o quando padre e figlio sono ripresi in primo piano, di spalle, e forse per la prima volta riescono a sentire di essere un padre e un figlio veramente.
    …è vero, è come la luna e il sole, forze che camminano in senso contrario ma per un attimo riescono a incontrarsi…bell’immagine, bravo!!!
    ciao, paola

  2. Giuliano ha detto:

    Io l’ho visto ieri sera e…
    Veramente non capisco le 13 nominations, se penso a quanto poco è stato considerato Changeling (che pur essendo della stessa durata scorre via come un bicchier d’acqua ed appassiona, commuove e ti entra dentro dall’inizio alla fine) mi viene rabbia.
    E’ un film bellissimo come trucco ed effetti, la fotografia è buona e alcuni piani stretti sono ottimi, ma la recitazione e il coinvolgimento sono di medio livello e la lentezza è spasmodica soprattutto nella prima ora e mezza che non passa mai!!!
    Cosa ci sta sotto tutto questo clamore da nominations?
    Una sala piena che si è svuotata accompaganta da tristezza e delusione.
    Un consiglio, riguardate Changeling!

  3. Dario Arpaio ha detto:

    ciao e grazie del tuo commento.
    le nomination vengono attribuite raramente per ‘meriti’ acquisiti sul campo. piuttosto vanno al lavoro fatto dietro le quinte… ed è un fatto prettamente americano. ci sarebbe da chiedersi, ad esempio, perchè luchino visconti, per citarne uno, non ha mai vinto? etc etc.
    sono d’accordo con te: BB è sopravvalutato anche se, nel complesso non mi è dispisaciuto.
    non comprendo bene cosa c’entri Changeling? è un ottimo prodotto certo! ma non vedo l’accostamento tra i due titoli.
    ciao
    dario


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