Cadillac Records: canta Beyoncé

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beyonce-in-cadillac-records.jpgAnni ’50. La musica nera ha un solo nome, Muddy. Quando lui suona, dopo il lavoro nei campi di cotone lungo la Cotton Belt del profondo Sud, la fatica si fa più leggera e tutti lo amano. Ma a lui non basta più. Viene allora il momento di lasciare il Mississipi per Chicago. Con la sua chitarra va a suonare per le strade della grande città fino a che lo trova un altro spiantato che ha un solo scopo nella vita: far soldi. Così si incontrano Leonard, detto Len, e Muddy. Len ha un difetto, è bianco, e quel blues non gli appartiene, ma lui sente dentro qualcosa di forte, un istinto particolare per quelle note così diverse con una marcia in più innestata dalla sofferenza, dalla durezza della vita.

E’ il 1947. Nasce la casa discografica Chess Records e Len comincia a far soldi lanciando nuovi talenti, allontanando così la miseria e a  inseguire il sogno americano. In quegli anni il razzismo è radicato fino al midollo nei bianchi. Un bianco e un nero non possono nemmeno andare insieme in macchina a meno che il nero non sia l’autista. Len non se ne cura, ma la comunità bianca sì, e i guai non tardano ad arrivare. Intanto Muddy scopre l’armonica di Little e Len è pronto ad approfittarne, incidendo dischi su dischi, comprando spazio dai DJ e invadendo, le radio di tutto il Paese. Quando quei due suonano insieme nei locali, le ragazze nere impazziscono, si sfilano le mutandine e le lanciano sul palco.

E’ il blues che ti fa staccare un biglietto di andata e ritorno dalle budella all’anima. Quando cominceranno a farlo anche le ragazze bianche, sul palco ci sarà Chuck, la musica avrà cambiato nome e inizierà a chiamarsi Rock and Roll.

Sono gli anni ’50, anche il mondo cambia velocemente, il razzismo no. Chuck si metterà nei guai per via di una ragazza bianca. Little non reggerà il ritmo e cadrà preda dell’alcool e della droga, ma la sua armonica rimarrà per sempre musica per gli dei, almeno per quelli che se ne fregano del colore della pelle. Non altrettanto per la polizia, seppure corrotta e disponibile a chiudere un occhio su quasi tutto. Alla fine arriva anche Etta. Len se ne innamora, ma gli anni gloriosi sono finiti, andati per sempre. Si vende e si muore. Dicono che Len fosse così attaccato alla sua casa discografica che, uscendo dal suo ufficio, dopo averla venduta, il suo cuore non resse neanche un isolato e si fermò per sempre mentre era bordo della sua Cadillac.

Questa che vi ho descritto è sommariamente la storia del film Cadillac Records, soggetto, sceneggiatura e regia di Darnell Martin. Semplicemente straordinaria la colonna sonora curata da Terence Blanchard. La produzione è della Sony Music Film e della Parkwood Pictures. Tra i produttori esecutivi figura anche Beyoncé Knowles che ha fortemente voluto questo film dove interpreta il ruolo di Etta James. Intenso Adrien Brody nel ruolo di Leonard Chess. Superfluo ricordare i nomi degli altri personaggi principali e delle loro indimenticabili canzoni: Muddy Waters, Little Walter, Chuck Berry, Willie Dixon, Howlin’ Wolf. Tutti più che degnamente interpretati da Jeffrey Wright, Columbus Short, Mos Def, Cedric the Entertainer, Eamon Walker. Attori, cantanti e musicisti che oggi hanno voluto e saputo fare rivivere sullo schermo un aspetto della passione che in quegli anni ha cambiato il modo di suonare la musica. Poi verrà Elvis. Qualche anno dopo ancora, solo un altro nero saprà mordere la musica con la sua chitarra in un modo nuovo, Jimi Hendrix.

Oggi… beh, oggi è tutto più mediocre, non ci sono più quella rabbia e quella sofferenza a fare da base per una nuova musica; sempre più spesso si ascolta solo tecnologia senz’anima, tranne qualche rara magnifica eccezione.

Il film Cadillac Records e Beyoncé sono candidati al Golden Globe per la migliore canzone originale, Once in a Lifetime, scritta dalla stessa Beyoncé con Amanda Ghost, Scott McFarnon, Ian Dench, James Dring e Jody Street.

Dario Arpaio


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