Che, L’Argentino
Di Dario Arpaio“Cari vecchi,
una volta ancora sento i miei talloni contro il costato di Rosinante: mi rimetto in cammino col mio scudo al braccio.”
Nel luglio del 1965 Ernesto Che Guevara scriveva così ai suoi genitori nella lettera che preludeva all’avventura boliviana. Proseguiva poi affermando: “…Molti mi diranno avventuriero, e lo sono; soltanto che lo sono di un tipo differente: di quelli che rischiano la pellaccia per dimostrare le loro verità…”.
Non è stato certo facile per Steven Soderbergh, Benicio Del Toro, Peter Buchman, rispettivamente regista, protagonista, sceneggiatore, volersi a tutti i costi assumere il compito di affrontare quella che, senza dubbio, è una delle maggiori icone del ‘900. Sono stati necessari anni di studio, di ricerche, di interviste, ma soprattutto è stato sentito da loro stessi imprenscindibile l’obbligo di cercare una giusta via di scrittura, un mezzo equilibrato per portare sullo schermo un personaggio come il Che, senza scadere nell’agiografia o peggio nel banale.
Il risultato è un biopic sulla vita di Ernesto Che Guevara di ben 4 ore e mezza, suddiviso in due parti, la prima L’Argentino, che narra dell’esperienza cubana. La seconda La Guerriglia seguirà il 30 aprile, e ci condurrà fino alla fine del Che in Bolivia.
L’Argentino è il prologo dove ci viene presentato l’uomo nella sua giovane determinazione a contrastare con ogni mezzo il male del mondo. Ne emergono i tratti di un idealista, di un romantico, integerrimo nella sua lucida volontà di rivoluzionario, pervaso in ogni sua azione di onestà cristallina. All’inizio lui è per tutti solo il Dottore che con la Colonna affidatagli da Fidel attraversa la Sierra portando la guerriglia fino allo scontro finale, quando insieme con l’altro eroe cubano, Camillo Cienfuegos, apriranno le porte dell’Havana ai campesinos e alla proclamazione di Fidel Castro come leader maximo. A questo punto Guevara è diventato il Che, il Comandante che ogni guerrigliero è capace di seguire fino alla morte.
La libertà ha un prezzo che l’ignoranza non può pagare, ed ecco che nella giungla, i guerriglieri insegnano anche a leggere e scrivere e non solo la religione della guerra. Il Che è un intellettuale, ama le poesie. Scrive un Diario tale da rimanere fondamentale per le generazioni future che non vogliono piegarsi all’ingiustizia del tanto ai pochi e del poco ai tanti. Certo i conservatori vedranno sempre il Che solo come un bandito, un politicante marxista, un opportunista o peggo ancora. Certo è che Fidel, da astuto politico, ha ben dosato l’offerta e la statura del personaggio del Che, che però alla fine gli è sfuggito di mano. Guevara è e rimane uno spirito libero, anche avventuriero, e non appartiene a nessuno tranne che alla sua coscienza di uomo. Benicio Del Toro ne offre un’interpretazione struggente, profonda, intensa, unica. Nell’Argentino l’avventura è appena iniziata e continuerà poi montando sul cavallo di Don Chisciotte, come lo stesso Ernesto scriveva ai suoi vecchi, quando forse intravedeva all’orizzonte lo spettro della sconfitta dei suoi ideali di libertà che stavano dando fastidio non solo alla CIA.
Il film di Soderbergh riesce fortemente nel suo intento biografico, puntiglioso. Pregevole la fotografia e le riprese che hanno ricostruito sapientemente le atmosfere di quegli anni grazie anche all’utilizzo di una camera digitale di nuovissima concezione, la red, capace di riprodurre anche senza ausilio di luci artificiali, un colore naturale. Molto interessante la ricostruzione del famoso discorso che il Che tenne all’ONU nel 1965. Non ci resta che attendere il 30 aprile per tornare a commentare La Guerriglia.
Dario Arpaio
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Il Che. l’Argentino. 3 condizioni.
Occorrono:
una buona conoscenza della storia della rivoluzione cubana,
apprezzamento e condivisione incondizionata del Che e della sua filosofia,
adorazione per Benicio del Toro.
La prima condizione è necessaria poiché nel film non è ben tracciata la storia Cubana,
molte cose sfuggono, altre sono appena accennate, molte sono date per scontate.
La seconda condizione aiuta a “sopportare” il panegirico del Che, disegnato come il “Cristo cubano” il rivoluzionario autentico, medico salvifico, padre premuroso, sensibile alle ingiustizie globali. Peccato che nel film non si capisca il motivo per cui diventerà un Mito.
L’ultima condizione diventa assolutamente fondamentale poiché il Del Toro figura in ogni minimo fotogramma del film, protagonista assoluto e presente, soggetto a continui invasivi primi piani, da cui risulta evidente la sconcertante somiglia con il Che.
La mancanza di una sola di queste condizioni renderebbe il film noioso, lento, superficiale, artificioso, mellifluo.
Dimenticavo: la seconda parte esce il 30 aprile. Io non lo sapevo!
Esatto, il 30 aprile esce La Guerriglia.
Gli autori, con Del Toro in testa, hanno lavorato quasi 7 anni a qs progetto prima di iniziare una ripresa. Di qs 7 , a Del Toro ne appartengono, per così dire, 3. Tutto qs tempo è stato utilizzato per ricerche (anche un po’ oziose a mio avviso) anche di coloro i quali vissero quel tempo attivamente, per esempio, per le sequenze dell’attacco alla Moncada, i tre ultimi compagni del Che, ancora in vita, erano sul set a proporre correzioni e aggiustamenti. Detto qs sulla fase preparatoria, il film che ne scaturisce diviene per forza di cose una sintesi e semmai uno stimolo.Certamente è un omaggio sentito (da parte di Del Toro in particolare) ed è un ‘semplice saluto’. Non credo che occorra molto altro a dare sostegno a un intento che sembra proprio aver centrato i propri scopi.
Il Che non diventa un mito per uno o più fattori scatenanti. E’ la sua presenza quotidiana sul campo che lo trasforma nell’uomo di riferimento imprescindibile per i suoi compagni. Fidel ci metterà molto del suo, utilizzando la figura del Che in termini di propaganda (anche con pochi scrupoli a quanto sembra). Per farla breve, non dimentichiamo che stiamo parlando di un film non di un trattato o di un romanzo che forse offrono più spazio. Un film è ciò che vediamo, è ciò che rimane dentro una volta usciti dalla sala. A me qualcosa è rimasto quindi ringrazio gli Autori che forse per la prima volta hanno reso omaggio (e non sproloquiato) a un uomo che, a torto o ragione, rimane una delle figure di spicco del ‘900.
Ciao!
Un film muy aburrido. Yo conoci personalmente al Che, he participado en la lucha en Argentina, etc.
La segunda parte es mas aburrida todavia. El actor es mediocre, nada que ver con el Che.
Para una persona que no conozca la historia de Cuba y la situacion de America Latina, especialmente la de Bolivia, no entendera nada.
La critica que he leido a Fidel CVastro es repugnante. El Che, sin Fidel no seria nadie. Fue con Fidel que aprendio a conocerse a si mismo.
Y siempre se equivoco. En Africa y en Bolivia.
Film mediocre.
Pesimo homenaje al Che Guevara.
Grazie Horacio per la tua franchezza! credo che Benicio Del Toro o Soderbergh non abbiano conosciuto il Che come tu hai avuto modo, ma sicuramente hanno cercato e cercato le tracce per più di 7 anni. Come detto, testimoni oculari della battaglia della Moncada (non conosco i nomi, forse puoi indicarceli tu?) hanno aiutato nelle riprese. Quindi, da un punto di vista cinematografico, secondo me, hanno fatto quanto di meglio hanno potuto e voluto interpretare.
I dubbi sulla fine del Che, comunque, sono molti e resteranno sepolti con lui.