Civico 0, Cinema Empire,Torino
Di Dario ArpaioTorino, Cinema Empire. Una delle due sole copie del film documentario Civico 0 distribuite in Italia dall’Istituto Luce viene proiettata in questa piccola sala sempre attenta alle proposte del cinema indipendente. Francesco ‘Citto’ Maselli con un budget bassissimo riesce a portare sullo schermo la sua riduzione del romanzo ‘Il Nome del Barbone’ di Federico Bonadonna. Grazie alla sensibilità e alla bravura interpretativa di Ornella Muti, Letizia Sedrick e alla maschera drammatica di Massimo Ranieri,
Maselli ci racconta tre storie vere di emarginati, di vinti, di vittime di quella che lo stesso regista definisce come ‘logica mortuaria della globalizzazione capitalista e liberista che portano all’accettazione rassegnata di una tragedia’ che non è altrove ma proprio nelle nostre città, intorno a noi che tuttavia preferiamo ignorarle o scoprirle soltanto attraverso le cronache dei notiziari televisivi invece di affrontarle vis à vis. Così la camera di Citto Maselli scende nelle vie della nostra quotidiana opulenza distratta e osserva, scruta, spia ciò che è sofferenza senza speranza. Da un lato ci siamo noi che in questi giorni corriamo da un megastore a un centro commerciale. Dall’altro l’occhio della camera da presa che abita al Civico 0 ci sfoglia davanti al nostro muso alcune di quelle vite che non aspettano più, che hanno solo il disincanto negli occhi e il freddo nel cuore. Il regista vuole, cerca di provocarci, di renderci partecipi, di farci vedere, di portarci all’indignazione di fronte a queste vite di extracomunitari, di rom, di barboni, di senzacasa. Solo a Roma se ne contano più di 10000.
Non occorre quella stessa grande compassione che muove i Santi, non serve voler cercare la verità come la intendeva il principe Gauthama. Sarebbe sufficiente essere consapevoli della nostra civiltà, riacquisire, riscoprire quella umanità che ci ha sempre fatto accogliere nella libertà il diverso, il povero, chi non ha speranza come la donna di colore del film che cammina per mesi nel deserto africano fino a raggiungere l’Italia, senza sapere che quell’Italia è illusione di abbondanza, specchio di qualcosa che non c’è se non per chi ha tanti assegni da sperperare. Ma va ancora più a fondo questa pellicola alla ricerca dell’ultimo, fino alla progressiva scoperta di quell’espressione trasfigurata e tragica scolpita nel cuoio del volto di Massimo Ranieri che, perso l’affetto della madre, si ritrova desolato a percorrere la città sopra i tram, giorno dopo giorno, da un capo all’altro di un mondo che non riconosce più e che, forse, non lo ama più.
Grazie, Citto Maselli, se ci fai comprendere e grazie anche alla Direzione del Cinema Empire che coraggiosamente propone questo film scomodo.
Dario Arpaio
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