The Congress di Ari Folman

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1Nel 2008 Ari Folman presenta Valzer con Bashir al festival di Cannes, riscuotendo consensi strepitosi. Il regista israeliano viene premiato  addirittura con il Golden Globe per il miglior film straniero con il suo magnifico dolente film di animazione che narra delle vicende legate a uno dei più squallidi e strazianti episodi della guerra in Libano dell’82, la strage di Sabra e Shatila. Il film è straordinario, innovativo nel suo genere. La tecnica d’animazione utilizzata da Folman, anziché sminuire il contenuto, esalta fortemente la drammaticità del soggetto. Il regista racconta l’uomo e il peso di una memoria che maschera, cancella le tracce dei giorni, annullando il passato, relegando i ricordi in un angolo nascosto dove ognuno fatica a ritrovare se stesso. Folman indaga nella mente umana dove si muovono meccanismi all’apparenza misteriosi, capaci di influire sul presente, sovvertendo il senso del reale.

Per The Congress, il suo nuovo film, Folman affida la sua poetica di nuovo all’animazione e a un mix di tecniche digitali. Il soggetto è tratto da Il Congresso di Futurologia, uno dei migliori romanzi del polacco Stanislaw Lem, già autore del più famoso Solaris. Folman elabora una sceneggiatura originale, affascinante, capace di turbare e di stimolare l’attenzione su ciò che è dannatamente e pericolosamente futuribile, la perdita della cognizione della realtà a favore dell’artificio frutto di una finzione tecnologica alienante. The Congress utilizza sapientemente le tecniche di animazione, di computer grafica, capture figure e ripresa tradizionale per narrare della fragilità umana rispetto all’immenso potere delle tecnologie avanzate. Robin Wright è la protagonista che interpreta se stessa nelle vesti di una star del cinema sul viale del tramonto. Il suo agente, un accorato Harvey Keitel, riceve per lei un’ultima proposta dalla Miramount –spietata crasi tra Miramax e Paramount. La Wright deve lasciarsi scannerizzare, clonare digitalmente in un cartoon perfetto che permetterà alla casa di produzione di utilizzarla a proprio piacimento in qualsiasi ruolo e tipo di film. L’attrice però deve scomparire per sempre dagli schermi lasciando solo al suo cartoon una vita di successo nel nuovo cinema che sta nascendo. La prima parte del film di Folman è feroce nella critica al sistema dell’industria cinematografica, capace di strizzare e strapazzare gli addetti ai lavori a solo vantaggio del business.

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The Congress da live action diventa cartone animato per raccontare come nel corso dei venti anni successivi la stessa Miramount, arrivata a fondersi con una potente industria farmaceutica, manipola la vita stessa degli spettatori, ai quali è ormai sufficiente ‘inalare’ un composto chimico tale da rendere reali gli stati allucinatori, ‘riproducendosi’ a piacimento in qualsiasi personaggio della storia o dell’arte. La ricerca chimica evolve ulteriormente il mondo come lo conosciamo in un suo doppio, una gigantesca cartoonia. Ognuno può scegliere di viverci e di essere Che Guevara e magari discorrere con John Wayne, o vestire i panni di Gesù e passeggiare vicino a Grace Jones. Clint eastwood non può mancare, come pure John Lennon o Picasso, e Moahammed Alì sarà sempre il numero uno, come pure Michael Jackson. La vera Robin Wright viene infine invitata a un evento festivaliero, diventata oltremodo famosa attraverso il suo clone animato. Così Robin varca i cancelli di quella cartoonia e si trasforma nel suo avatar. Ma esiste pur sempre la possibilità che si manifesti forte la volontà di un ritorno da quel mondo fittizio. A quale prezzo? …

The Congress di Folman è un film originale, innovativo, a tratti forse volutamente disturbante, ma non può non suscitare autentica ammirazione la sua riflessione sui significati di realtà e finzione, sulla presunta onnipotenza dell’essere umano, così fragile di fronte a ciò che egli stesso è. Folman con il suo The Congress sembra davvero chiedere aiuto alle coscienze, tentando anche di provocarle, di renderle vigili a se stesse.

Dario Arpaio

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