Corri Mammuth, corri!

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Una Munch ‘Mammuth’ del 1972 è la magnifica moto 1200 cavalcata da Gerard Depardieu nel nuovo film del duo Delépine-Kervern. Una moto che diventa personaggio, e viceversa, in un film on the road, caustico, divertente, poetico, definito dall’animo libertario dei due registi di Louise & Michel. Mammuth è un debordante Depardieu, il quale, giunto in età pensionabile, corre dietro alla sua libertà. Ha sempre vissuto di lavoretti, spesso raggirato, irriso dai suoi stessi padroni per via del suo apparire un po’ tonto, o meglio, non adattato, non conformato a questo sistema che esclude chi se ne frega di arrivare, ma si accontenta solo della sopravvivenza quotidiana. I soldi finiscono? Se ne guadagneranno ancora altrove. E così via, da inserviente di luna park a buttafuori e infine a operaio nel macello dove la carne di maiale non avrà più misteri per lui. Ma la pensione spesso non conduce a soddisfare le proprie voglie (citazione da noto cantautore…) e Mammuth sbanda come un leone in gabbia in una casa, d’improvviso troppo piccola per la sua mole. La libertà non la conosce ancora. Spesso torna al fantasma dell’amore perduto, mai dimenticato. La moglie, invece, lo sprona a reagire e lui parte a cavallo della sua Munch ’72 nel tentativo di rintracciare, recuperare le scartoffie necessarie per la domanda di pensione. Le situazioni esilaranti si susseguono una dopo l’altra nel seguire questo omaccione buffo destreggiarsi come può in un mondo che gli è estraneo.

Benoit Delépine e Gustave Kervern hanno confezionato un film assai piacevole e ben fatto. L’utilizzo della 16 mm, le immagini sgranate, i colori accesi orchestrano un movimento dell’anima e del cuore al quale ci si lascia volentieri andare. Mammuth è film meno cattivo di Louise & Michel, più intimista, raffinato rispetto alla scorribanda anarchica e dissacrante del primo, e racchiude in sé un pizzico di poesia alla Prévert. In Mammuth, si può anche intravedere una diversa lettura di Aronofski e del suo Wrestler, tutta alla francese, meno drammatica, pochi piagnistei e più graffi.

Perfetto, imprescindibile, magico Depardieu nei panni di Mammuth, ben accompagnato da Yolande Moreau nei panni della moglie, già tanto ammirata nella precedente opera dei due registi, che si propongono quasi come un duo europeo alla fratelli Coen, ma più cattivi e tanto (magnificamente) scorretti politicamente.

Alla fine … riusciremo a montare anche noi a cavallo di una Munch Mammuth del ’72, liberi, nel sole, nel vento, nel sorriso e nel pianto?

Dario Arpaio


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