Corsa a Witch Mountain: recensione, trama e trailer
Di Elvezio SciallisCORSA A WITCH MOUNTAIN
2009, USA, colore, 98 minuti
Regia: Andy Fickman
Soggetto/Sceneggiatura: Matt Lopez e Mark Bomback da un romanzo di Alexander Key
Produzione: Walt Disney Pictures
Jack Bruno è un tassista dal passato burrascoso che ora vuole a tutti i costi evitare ogni tipo di guai, anche se conserva ancora un’ottima forma fisica e una certa propensione a menar le mani.
Il suo normale tran tran cambierà alquanto quando si troverà nel taxi due bambini, fratello e sorella, disposti a pagare una barcata di soldi pur di farsi portare a destinazione.
Aggiungete il fatto che i due biondini sembrano possedere tecnologia aliena e poteri paranormali e sono inseguiti sia dall’FBI che da un feroce extraterrestre armato di tutto punto e capirete che per Bruno non si tratterà di una normale corsa da dieci dollari…
Corsa a Witch Mountain rischia di essere il classico film che, a causa di evidenti debolezze di sceneggiatura e grossi buchi logici, creerà nel suo pubblico di bambini e ragazzini una impressionante serie di domande cui ben difficilmente gli accompagnatori adulti sapranno rispondere.
Il film parte bene spingendo subito sul pedale dell’azione e The Rock sembra l’attore giusto che, pur non avendo ancora trovato una dimensione come attore, dimostra buona lena nell’alternare espressioni comiche a momenti di estrema fisicità (e ci mancherebbe altro, visto il suo passato da wrestler) e i due giovani attori sono azzeccati nella parte dei fratellini alieni, ma poco altro funziona in questo modesto remake che la Disney ha realizzato su una sua stessa precedente produzione.
Si sceglie di affidare la regia, piuttosto che a un filmaker di nerbo e personalità, a un modesto yes man come Andy Fickam che porta avanti la trama lungo svolte previdibilissime e fra varie gag che spesso non riescono a strappare più di un sorriso si arriva al confronto finale nella base sotto la montagna, confronto che, trattandosi di un prodotto Disney, potete immaginare come si concluderà.
Il tasso di azione è, questo sì, superiore alla media di prodotti analoghi e non si sono mai viste così tante armi in un film Disney, né così tanti inseguimenti e confronti fisici, ed è proprio qui che si verifica il cortocircuito logico maggiore, perché da come è impostata tutta la vicenda alla fine ci si aspetta che la scazzottata di turno diventi più feroce e sanguinolenta, che l’inseguimento si concluda in un incidente con morti e feriti, che la sparatoria lasci al suolo parecchi corpi.
Invece, ovviamente, i proiettili non uccidono nemmeno i cattivi, quando le astronavi piombano sulle ferrovie si scontrano con treni merci privi di passeggeri e i pestaggi non provocano nemmeno un occhio nero. Nulla di male, beninteso, ma per l’audience moderna, ben più smaliziata, avvertirà questi elementi come ulteriori incongruenze che si vanno ad aggiungere ai tremendi buchi logici dello script.
Verrebbe da dire “ma tanto è un film per bambini” ed è proprio questo il punto: i bambini meriterebbero storie migliori.
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