Dallas Buyers Club contro tutti
Di Dario ArpaioLe luci della ribalta sul palco dove fra qualche settimana si assegnerà l’Oscar aspettano anche lui, Matthew McConaughey, 45 anni, texano. Non sarà solo. Per la statuetta che andrà al Miglior Attore Protagonista se la dovrà vedere, faccia a faccia, con il sublime Bruce Dern del film Nebraska e con Christian Bale per American Hustle. Non male come avversari, ma McConaughey ha saputo offrire una interpretazione davvero intensa di Ron Woodroof in Dallas Buyers Club, emozionante e coinvolgente, capace di una misura rara, senza ammiccamenti, o cadute in facili cliché. Lui stesso ha tenacemente voluto questo film affidato alla regia del canadese Jean-Marc Vallée. Cinque sono gli anni occorsi per raccogliere i soldi necessari all’inizio delle riprese e cinque milioni sono stati sufficienti per la realizzazione di un film che sta ottenendo ampi consensi e riconoscimenti.
Gran merito va dato a Craig Borten, lo sceneggiatore di Dallas Buyers Club, che a suo tempo ebbe modo di conoscere Woodroof e la sua storia di tenace attaccamento alla vita contro il potere e l’ottusità di certe leggi. Borten incontrò a parlò a lungo con Ron Woodroof che nel 1985 aveva scoperto di avere l’AIDS e, secondo i medici, trenta giorni di vita. Proprio lui, rozzo e omofobo, si era ammalato della malattia della quale assai poco si sapeva. Era il tempo in cui la notizia che Rock Hudson era irreparabilmente malato perché omosessuale aveva fatto scalpore. Quando ci si metteva la mascherina davanti al volto e ci si allontanava con paura e ripugnanza da ogni affetto dalla immunodeficienza senza scampo. Woodroof però non era crollato, non aveva ceduto alla disperazione. Aveva iniziato a combattere, contro se stesso e soprattutto contro la F.D.A. (Food and Drug Administration) il potente organo di controllo governativo americano che fissa leggi e regole sulla circolazione di ogni genere medico e alimentare. Woodroof nella sua lotta contro il tempo e la malattia aveva casualmente scoperto l’esistenza di alcune medicine alternative in Messico, volutamente non approvate dalla FDA che proteggeva a sua volta la potente Big Pharma, l’unica azienda ad avere il ricco brevetto del solo farmaco in grado a quel tempo di arginare e rallentare gli effetti della malattia. Così il rozzo texano omofobo aveva iniziato ad acquistare grossi quantitativi di farmaci in Messico e, per evitare accuse di spaccio e contrabbando, aveva fondato il Dallas Buyers Club, un circolo privato dove i soci, a fronte di un lauto premio di iscrizione, potevano ottenere i benefici di altre medicine. Woodroof e il suo Dallas Buyers Club rappresentarano quasi un esempio di disubbidienza civile e non cedettero mai alle pressioni della FDA. La tenacia di Woodroof gli garantì sette anni di vita invece dei trenta giorni che gli erano stati diagnosticati, nonché una consapevolezza del vivere a lui prima del tutto estranea.
McConaughey offre una interpretazione di Woodroof davvero molto forte, non solo fisicamente, riuscendo a perdere quasi trenta chili di peso, ma adottando al tempo stesso un tono e un registro emotivo altissimi, che allontanano e attraggono lo spettatore. Ma non è il solo ad affermare la buona riuscita del film di Jean-Marc Vallée. Jared Leto, quasi irriconoscibile, veste i panni del transessuale Rayon, socio di Woodroof nel Club. Lui pure ad alti livelli recitativi e se McCoanughey-Woodroof non vuole cedere alla malattia, Leto recita anima e corpo il suo Rayon nell’intimo desiderio di morte.
Dallas Buyers Club non pone alcun accento critico sulle vicende narrate, ma ne rappresenta la cronaca, secca, essenziale, quella di un uomo che non si è arreso davanti alla sua morte, ma l’ha combattuta fino all’ultimo, opponendosi anche al becero perbenismo dietro il quale spesso si mascherano gli interessi delle grandi aziende farmaceutiche, forti al punto da manipolare la realtà a loro esclusivo vantaggio economico.
Dario Arpaio
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