Deep Water, la folle regata
Di Dario ArpaioC’era un tempo in cui gli dei e gli uomini vivevano nella stessa storia e gli uni non potevano fare a meno degli altri. Gli uomini, però, a volte andavano oltre la via tracciata dagli dei per vedere cosa ci fosse dall’altra parte del mare. Fu tra quelli Francis Chichester il quale, all’età di 67 annni, già affetto da tumore, compì la prima traversata del mondo a vela in solitario a bordo del suo Gipsy Moth IV, doppiando i 3 capi, Buona Speranza in Sud Africa, Leewin in Australia, e l’Horn, laggiù alla fine della terre emerse. Il 28 maggio 1967 furono migliaia ad accoglierlo all’arrivo a Plymouth. Son quasi certo che anche gli dei lo applaudirono a modo loro. Il Sunday Time in suo nome, e con un ottimo fiuto per gli affari, l’anno dopo lanciò la sfida a chi volesse emulare il grande marinaio per la gioia degli dei e la maggior gloria degli uomini. Risposero in 9, Robin Knox-Johnston, (nella foto) che fu il vincitore; Bernard Moitessier, il grande mistico della vela che decise di rinunciare alla possibile vittoria, girò la sua prua e navigò da solo per altri 6 mesi; l’altro grande marinaio bretone, Loick Fougeron; Chay Blith, che fu in seguito protagonista di una circumnavigazione del globo lungo la rotta dei venti contrari; l’italiano Alex Carozzo; Nigel Tetley, che partiva tra i favoriti; Bill King; John Ridgeway e un autentico e sconosciuto outsider, Donald Crowhurst. Sulla vicenda di quest’ultimo si sviluppa Deep Water, il film documentario di Louise Osmond e Jerry Rothwell. Chissà, forse pure gli dei accettarono scommesse su questo navigatore alle prime armi, ma tanto capace di raccogliere intorno a sè entusiamo e simpatie. E’ il 1° giugno 1968, la Sunday Time Golden Globe Race prende ufficialmente il via. Crowhurst partirà poi, per ultimo, dopo qualche peripezia il 31 ottobre, limite massimo concesso dal regolamento di gara.
Il documentario Deep Water snocciola immagini di vela avvincenti, a tratti anche molto emozionanti. Particolarmente belle sono quelle che gli autori hanno estratto dalle riprese che fece lo stesso Moitessier durante la sua gara (il doppiaggio dal francese è però un po’ forzato nell’accento… un po’ ridicolo davvero). Così, sullo schermo, ci ritroviamo sulla rotta dei Cinquanta Urlanti e dei Quaranta Ruggenti, un nome che offre una chiara idea del tipo di venti contro i quali si va a incocciare a quelle latitudini. Quegli uomini erano tutti straordinari interpreti di un’epoca quando l’avventura era soprattutto cimento eroico. Il GPS non esisteva, il telefono cellulare satellitare nemmeno. Nessun aiuto poteva giungere in caso di necessità o di pericolo. Tanto meno dagli dei. Ognuno era solo con se stesso e con la barca.
Il che, a lungo andare, mese dopo mese, logora la mente anche del più forte. Le stesse lacerazioni che hanno schiacciato Donald Crowhurst, imbarcatosi nella temeraria e folle avventura certamente per bisogno di denaro e, forse, anche per superare il proprio limite. Quello oltre il quale anche l’Ulisse secondo Dante perì inesorabilmente. La regata fu vinta come detto da Knox-Johnston che, assai cavallerescamente, donò l’ingente premio in danaro, messo in palio dal Sunday Time, alla vedova di Crowhurst. Certo è che quest’ultimo, scomparso in mare, ha portato con sé il mistero della sua fine, lasciando molti dubbi e il ricordo di un’impresa affrontata con grande slancio e impeto, poi dilapidato e confuso nell’incertezza, nell’inesperienza e nella vergogna per aver mentito al mondo nell’essersi gloriato di traguardi mai raggiunti, azione che avrebbe macchiato per sempre il suo rientro in patria. Gli dei sono inesorabili nell’osservare i mortali e spietati nel giudicarli se osano avvicinarsi alla loro altezza senza saperla dominare. Così fu durante quella regata per Donald Crowhurst alla cui memoria va questo documentario.
Oggi la tecnologia aiuta a raggiungere e superare altri limiti. Il 9 novembre da Les Sables d’Olonne in Francia ha preso il via la 23ma Vendèe Globe. Mai così numerosi gli iscritti: 30 skipper, tra i quali 2 donne, si confronteranno sulla stessa rotta di quei 9 marinai del Sunday Time. Peccato però, neanche il nostro grande Soldini vi partecipa, nessun italiano. Qui la vela chic e griffata c’entra poco o nulla. La rotta è la medesima del ‘68, giro del mondo in solitario, senza scalo attraverso i 3 capi. Le barche, tra le quali molti maxiscafi da 60 piedi, tenteranno di superare ogni record di velocità dotate di ogni possibile hi-tech, con meteo in tempo reale e tante webcam a disposizione degli appassionati. Chissà gli dei come la seguiranno, forse su uno schermo al plasma olimpico?
Intanto ripenso, con un pizzico di malinconia, al marinaio Moitessier quando si paragonava agli uccelli d’altura, quelli che sanno volare con le proprie ali anche nella tempesta o nella leggenda. Mi viene d’improvviso in mente Sir Chichester il quale un giorno, caricando delle casse di gin sul suo Gipsy Moth, disse: ‘Ogni sciocco potrebbe fare il giro del mondo a vela, ma ci vuole un marinaio con gli attributi per riuscire a farlo da sbronzi’.
Dario Arpaio
Commenta o partecipa alla discussione
ciao dario bella questa storia..non ho visto niente solo letto questa recensione,tra l altro ben scritta come sempre, ma la domanda che mi faccio è ”ma i 9 volevano dimostrare al mondo o volevano dimostrare a loro stessi?”
grazie giuseppe. permettimi di consigliarti la lettura di La Lunga Rotta di Bernard Moitessier, edito Mursiache forse ha anche in catalogo il VHS o il DVD dello stesso Moitessier. Nel libro troverai tante risposte che io non saprei trasmettere anche se le sento dentro.
ciao!
Non ho letto il libro di Moitessier e, purtroppo, non ho fatto in tempo a vedere il film. Leggendo altri testi, fra cui anche interviste, mi è parso di capire però che chi si lancia in un’impresa di questo tipo lo fa innanzitutto per dimostrare a se stesso quanto vale perchè gli “altri” ti dicono “bravo” se riesci a raggiungere la meta oppure “poverino” se non ce la fai; ma soltanto tu, unico protagonista, hai la possibilità di giudicarti in base alle tue manovre, alle tue scelte di vele e così via, per arrivare fino in fondo. Ritengo che gli “altri” non dovrebbero neanche esprimere giudizi in tali situazioni ma osservare in religioso silenzio e imparare!