Evviva la vita con Le Donne del 6° Piano

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Il regista Philippe Le Guay, barone per nascita, cresce nella Parigi che, all’inizio degli anni ’60, accoglieva le donne migranti dalla Spagna, in fuga dalla miseria o dal franchismo, destinate ai lavori più umili, nel disinteresse annoiato dell’alta borghesia. Quella stessa che, alla fine dell’800 aveva costruito i lussuosi palazzi del centro, destinando ai domestici delle anguste e fredde stanzette nel sottotetto, prive di ogni comfort. Noblesse oblige, non ci si confonde con la servitù.

E’ così Le Guay attinge, in qualche modo, anche ai ricordi della sua infanzia, e ci fa incontrare Le donne del 6° piano, nel suo film magistralmente interpretato da Fabrice Luchini nei panni di un facoltoso agente di cambio. Rigido, impettito nel suo ruolo, annoiato dalla sua quotidiana e nevrotica routine, del tutto priva di passione e di ogni interesse che non ruoti intorno al denaro e alle convenienze, incappa improvvisamente nell’altra dimensione, quella delle serve spagnole che vivono al piano sopra la sua testa. Rimane affascinato e sorpreso dai loro slanci vitali, per lui incomprensibili, data la loro esistenza quotidiana fatta di 15-16 ore di lavoro domestico, sempre alle prese con i capricci dei padroni. In un colpo di fulmine l’agente di cambio, grazie a quelle donne sanguigne, scopre che si può essere, nonostante tutto ottimisti, ballare e cantare alla vita, e soprattutto si può sognare e sperare. E’ la sua giovane domestica il tramite della scoperta, e, neanche a dirlo se ne invaghisce fino a giungere al più classico degli happy end.

La commedia di Le Guay scorre bene, finemente orchestrata tra il sociale e il romantico, scivolando tra i sentimenti, raccontando una fiaba condita con un pizzico di malinconia che diverte, fino in fondo.

Dario Arpaio


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