Out of the Furnace, Il Fuoco della Vendetta
Di Dario ArpaioE’ meravigliosamente disperato Out of the Furnace, presentato come Il Fuoco della Vendetta, per la regia di Scott Cooper, famoso per il suo pluripremiato Crazy Heart. Il nuovo film di Cooper proiettato per la prima volta al festival di Roma del 2013, ha riscosso consensi e ammirazione. Gran merito va al ricchissimo cast in grado di esaltare la sceneggiatura riscritta dallo stesso Cooper, che torna a scrutare nel profondo di un’America che pare non ritrovare se stessa. Ne Il Fuoco della Vendetta Christian Bale, immenso protagonista a fianco di Casey Affleck, deve scontrarsi con un cattivo iperbolico interpretato da un Woody Arrelson davvero in stato di grazia. I tre da soli valgono la visione di questo film crudo e amaro, che come propone il titolo originale non lascia scampo o speranza di redenzione oltre la fornace.
A voler fare dei confronti, è come se Out of the Furnace si ponesse nella scia de Il Cacciatore di Michael Cimino, e intendesse contrapporre uno scenario analogo oggi, trentanni dopo la vicenda che aveva protagonisti De Niro e Walken. In entrambi i film sono i reduci di guerra, devastati nell’animo, a doversi scontrare con la realtà del ritorno a casa. Tutto da allora (1978) è cambiato. Nel film di Cimino i giovani venivano chiamati alla guerra del Vietnam e a malincuore lasciavano la quieta solida routine del lavoro in una delle tante fonderie della Pennsylvania. Cooper contrappone la visione dei giovani che oggi non trovano altra scelta per fuggire dalla mancanza di orizzonti se non quella di arruolarsi e partire per l’Iraq. Le acciaierie, un tempo floride in tutto il nordest degli Stati Uniti, attraversano una forte crisi e la concorrenza cinese si fa sempre più pressante. Anche la fornace di Braddock, dove è ambientato il film, non può restare indenne da un pesante ridimensionamento se non dalla chiusura definitiva. I due fratelli protagonisti, Bale e Affleck, rappresentano le due facce degli operai del nordest. Il primo crede ciecamente nel suo lavoro che già era di suo padre. Il secondo sceglie di arruolarsi e partecipa a una missione dopo l’altra nell’inferno iracheno. Ma l’aria che si respira a Braddock si fa acre. La vita, improvvisamente, porta Bale in carcere per aver guidato ubriaco, causando la morte di due persone. Scontata la sua pena nulla è come prima. La sua ragazza (Zoe Saldana) si è fidanzata con lo sceriffo (Forest Whitaker). La fonderia riassume Bale, ma il lavoro va a finire.
Il fratellino Affleck sceglie di entrare nel giro degli incontri di boxe clandestini e combattendo nell’arena tenta di allontanare gli spettri della guerra che lo tormentano nell’animo. Ma anche volendo rinunciare non riuscirà a tirarsi indietro quando si troverà di fronte a uno schizofrenico boss intepretato da Arrelson, duro quanto spietato. A Bale starà la vendetta. Come De Niro ne Il Cacciatore sceglierà di non sparare al suo cervo, ma successivamente non troverà altra via se non quella che lo porterà nella furia oltre se stesso.
Nella fornace di Cooper non si sopravvive. Non c’è speranza di vita. Lo scheletro della fonderia abbandonata riempie lo schermo, illuminato cupamente dalla splendida fotografia a grana grossa di Masanobu Takayanagi. In Out of theFurnace non si respira l’eroismo virile dei personaggi di Cimino, c’è solo la rassegnazione e la sconfitta che impregnano il nostro tempo. Resta solo il silenzio sotto le musiche dolenti di Dickon Hinchliffe unite ai pezzi del grande Eddie Wedder.
Dario Arpaio
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