Gigolò per caso, va in scena il duo Turturro-Allen
Di Dario ArpaioEd ecco Gigolò per caso di e con John Turturro, che i suoi film se li scrive, se li dirige e li interpreta anche. Sempre con molto garbo e un certo aplomb che gli è congeniale e lo fa apprezzare dal grande pubblico. Dopo aver lavorato con Spike Lee e i Cohen, è lui stesso a mettersi in gioco. Ci prova e ci riprova, sebbene forse ancora in attesa dell’atout vincente. Così presenta un nuovo soggetto con al centro un improvvisato gigolò alla prese con il suo squattrinato proto-pappone e se la cantano e se la suonano a Brooklyn, tanto per non scomodare impropri richiami alla Manhattan di Woody Allen, coprotagonista in Gigolò per caso, a fianco di Turturro, nei panni del furbetto procacciatore d’amore per ricche signore vogliose di attenzioni. Si parte dalla vecchia polverosa libreria di Woody, che di generazione in generazione non regge più il passo con i tempi azzannatori di cultura, e si va da un titubante Turturro, fiorista e prostituto per caso. D’altra parte ci si convince che non è difficile trovare donne ricche in cerca di emozioni, magari annoiate e abbandonate a se stesse, in definitiva sole, condannate, per così dire, a uno stile di vita dove immancabilmente rimane solo il vuoto a fare da compagnia. I dialoghi tra Allen e Turturro sono naturalmente le parti migliori del film, dove il primo è una fiumana di battute elettriche, tali da non lasciare scampo alcuno al timido recalcitrante Turturro, fiorista romanticone. E si va in scena, magari anche in un ménage à trois che può rendere bene ai due squattrinati bravi ragazzi. Il passaparola è la migliore pubblicità di sempre ed ecco che, dalla bellissima affascinante Sharon Stone, il povero –si fa per dire- Turturro passa a dover soddisfare Sofia Vergara, tutta sesso e voluttà. Ma ai sentimenti non si comanda. Tra le clienti spunta Vanessa Paradis, nel ruolo di una vedova di religione ebraica ortodossa che fa intenerire, per non dire innamorare, Turturro il quale dovrà vedersela più che con i sentimenti, con le rigide norme di vita chassidiche. Woody, in quanto pappone per caso, è pure costretto a comparire, più o meno con le buone, davanti a un tribunale di rabbini, ed è forse la sequenza meglio riuscita del film, con Allen tornato quello sprovveduto, lunare e inerme pasticcione di sempre.
Pare che l’idea del soggetto sia venuta a Turturro dalle storielle raccontategli da un barbiere amico, magari simile a quelli di una volta, dove ci si ritrovava a chiacchierare, quando la barba si tagliava con il rasoio a mano e si aspettava il Natale per ricevere in omaggio quei calendarietti profumati di cipria con le immaginette di donnine in casti bikini che accendevano la fantasia. Gigolò per caso forse è proprio nato così per il nostro piacere, una garbata fiaba, una commediola minimalista ed elegantemente divertente.
Dario Arpaio
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