Gli Amori Folli di Resnais
Di Dario ArpaioCon i titoli di testa vediamo scorrere le immagini delle crepe di un asfalto spaccato dal gelo (o dal sole). A volte, la vita scherza con se stessa e spuntano erbe nuove o erbacce. Talvolta fioriscono. Sono il caso o la follia bizzarra che dominano tutto, sovrastando, sconvolgendo la ragione ordinata, quella dei pre-giudizi, dei quali pare non si possa fare a meno nel vivere civile.
Gli Amori Folli, o meglio Les herbes folles, è l’ennesima prova di un maestro del cinema, Alain Resnais, uno degli ultimi rimasti. A quasi 88 anni si può divertire a essere sempre se stesso, senza piegarsi. E perché dovrebbe? I suoi film legano, intrecciano lo sguardo dello spettatore, lo confondono, lo ri-abilitano alla visione, lo portano dove vuole il suo occhio maestro, senza che lo spettatore se ne avveda. Non c’è realismo, non c’è nemmeno via d’uscita nell’identificarsi gratificante nei personaggi dei film di Resnais, sarebbe troppo facile e si perderebbe il gusto dell’applauso e dello stupore che ogni fotogramma, ogni sequenza, alla fine dello spettacolo, quando si lascia la poltrona, ci fanno dire, ecco ora sì, sono con lui, mi ha fatto entrare nella sua visione d’artista, mi ha chiamato, ho ascoltato in silenzio e ora sì, sono dalla sua parte! Un maestro, Alain Resnais, che continua a insegnare la sua poesia e a farcela ripetere e ancora e ancora, ma ogni volta con un accento diverso, sempre uguale, ma sempre variata di mezzo tono, ogni volta diverso, a suo piacimento.
Les herbes folles non si possono dominare nella loro imprevedibilità di vita, spuntano e basta. Quando, dove e come vogliono loro. Noi, che crediamo di sapere tutto di noi stessi, è come se fossimo al di qua dello schermo del film della nostra esistenza. Con Resnais possiamo solo subire il fascino prepotente che ci avvolge con le perfette accattivanti interpretazioni della misteriosa sensualità di Marguerite-Sabinne Azéma o dal passato sconosciuto (e forse oscuro) di George-André Dussollier. I due protagonisti (semplicemente perfetti) si inseguono, si sfuggono, si scontrano, senza una logica, senza un perché. D’altra parte se fossi gatto potrei mangiare i croccantini e perdermi nel profumo suadente che emanano…
Resnais prende spunto dal romanzo L’Incident di Christian Gailly e racconta di come Maguerite venga scipppata della borsetta e di come George, casualmente ritrovi il portafogli della donna dai capelli rossi. Così incontreranno i loro destini davanti a un cinema dove proiettano I Ponti di Toko-Ri del 1954 con William Holden aviatore che alla fine muore in battaglia, a fianco dell’amico. Anche Marguerite è una pilota provetta. Ama il suo Spitfire, il glorioso Spit, aereo da caccia inglese della II Guerra. La donna vola in alto come i suoi desideri più nascosti. George, alla fine l’accompagnerà, per trovare i suoi.
Non c’è limite o confine a una natura bizzarra, le erbacce folli spuntano all’improvviso, dove il muro è più sbrecciato, dove l’asfalto è spaccato. A volte neanche le vediamo. La vita non ha memoria, semplicemente si ripete, sempre uguale, sempre diversa, imprevedibile e sublime come il grande vecchio poeta del cinema francese, Alain Resnais, classe 1922.
Dario Arpaio
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