Gran Torino
Di Dario Arpaio
Ford Gran Torino, 1972. Una vettura costruita bene quando le cose si facevano per durare nel tempo, come si diceva una volta. Questo è il titolo dell’ultimo film di Clint Eastwood protagonista. Ora, alla soglia degli 80, lui dice basta alla recitazione per dedicarsi solo alla regia. Così lo rivediamo nel film del crepuscolo dell’attore con quel suo volto scolpito che tante e tante volte abbiamo seguito sullo schermo nei ruoli dell’eroe solitario, del vendicatore, del poliziotto, o dell’uomo che fugge da un passato di dolore per riscattarsi all’ultimo in un gesto eroico, estremo.
Così lo ritroviamo nei panni del vecchio Kovalski nella sua casetta di Detroit. Il suo quartiere non è più quello di un tempo. Ci sono quei gialli, neri, rossi che il suo razzismo proprio non sopporta, costruito com’è su stereotipi e pregiudizi faciloni. Il film si apre sul funerale per la morte della moglie e sulla sua testarda volontà di burbera solitudine. Durante la funzione si guarda intorno. Ma che ne sanno gli altri della morte! Lui l’ha vista da vicino, in Corea, dove ha compiuto il suo dovere e dove ha commesso atti che un uomo non dovrebbe mai commettere. Ha ucciso. Ma quella è storia passata, è cicatrice dolorosa in un ricordo che non lo lascia libero.
Eppure dopo la guerra ha lavorato con diligenza come operaio e dalle sue parole si intuisce orgoglio e riconoscenza per la fabbrica alla quale ha dato tutto se stesso. Ha costruito una famiglia perché si deve. Ha amato la donna della sua vita, ma i figli… loro sono troppo distanti. Vivono agiatamente in questo tempo magro di contenuti. Quest’oggi che per lui non offre scene in cui compenetrarsi con orgoglio e convinzione, dove ognuno esibisce apparenza senza curarsi di ciò che è. E a Clint questo non sta bene. Proprio non gli piace la sguaiatezza dei nipoti e dei giovani d’oggi. Li vuole tutti fuori dalla sua vita, dalla sua proprietà.
Così passa le giornate lucidando la sua Gran Torino con il suo labrador che lo sta a guardare. Poi, seduto sotto il suo porticato, lascia scivolare le lattine di birra sui suoi ricordi. Ma ci sono i gialli vicini di casa che lo infastidiscono con la loro presenza, con i loro rumori, con le loro tradizioni barbare…
Ma se così non fosse? E se invece quei musi gialli costituissero per lui la riscoperta di affetti perduti o mai vissuti come tali? E se potesse dare ancora qualcosa di sé e ricevere affetto gratuito, stima, rispetto? Purtroppo nel quartiere ci sono anche bande di teppisti, differenti tra loro solo nel colore della pelle. L’insulto e l’offesa non hanno colore. E il vecchio leone sa di dovere intervenire. Sa di dover difendere la vita. Sa di voler riscattare il suo passato. Dopo aver trovato proprio nei vicini gialli quell’intensità di rapporto di cui i figli non sono capaci, le cose si complicano e alla fine non gli resta che un passo da compiere. Quei ragazzi che gli vogliono bene vanno salvati, vanno aiutati. Sceglie il gesto estremo, calcolato, come il pistolero al tramonto, come il protagonista che è stato in tanti suoi film. Come un eroe che non scappa, ma affronta il suo giorno.
L’interpretazione che Clint Eastwood ci regala in questo suo Gran Torino è forte, misurata, drammaticamente virile, capace di esprimere un urlo di libertà in un sorriso che travolge il male. Contro ogni barriera razziale, contro l’ignoranza, contro l’avidità regina di questo tempo con l’encefalogramma piatto, tutto stile Grande Fratello, quello di Orwell. L’altro, quello più noto, è solo ciarpame a buon mercato dove si sopravvive per una bolla di pubblicità in una vita sciatta e senza spessore. E la Gran Torino? Beh quell’auto splendida andrà a finire nelle mani giuste, quelle del futuro.
Dario Arpaio
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Arrivo qui quasi per caso, da Ok Notizie, e devo dire che è stata una piacevole scoperta.
Anche a me il film è piaciuto moltissimo.
Un addio (alla recitazione) con i fiocchi.
Tornerò presto a curiosare nuovamente tra le altre recensioni
è stato un evento magico: il sentito dire da bocca a orecchio il fidarsi:una bella giornata, chi te lo fa fare di infilarti inun posto buio in cerca di ispirazione, di un po’ di contenuti che i vecchi di oggi si sono scordati di dare a noi adulti nuovi? ed Invece ..clint scodella la pasta al sugo..fa ritrovare la vena ..e dona la sua “gran torino”con saggi consigli: non metterci gli alettoni o le fiamme..tanto parla da se!Venite, vedete, ascoltate attentamente, perfino un prete 27 enne ha dire la sua a un vecchio leone arruginito, tanto da farlgiela tirare fuori quella sua gran torino!