Il Cammino per Santiago
Di Dario ArpaioT. S. Eliot scrisse che noi non cesseremo mai l’esplorazione e la fine di tutto il nostro esplorare sarà giungere là dove siamo partiti e conoscere quel posto per la prima volta. Questo è il senso del viaggio che ognuno dovrebbe compiere, scientemente, per conoscersi e accettarsi. In un certo modo è anche il tema del film Il Cammino per Santiago, in inglese The Way, titolo che meglio allude al taglio sincretistico voluto da Emilio Estevez, regista, produttore, sceneggiatore e co-protoganista insieme con il padre Martin Sheen, eccellente nella sua interpretazione misurata e intensa.
Un padre parte dagli USA per ritirare le spoglie del figlio morto in una tempesta improvvisa, proprio al via di quello che sarebbe stato per lui l’inizio del pellegrinaggio per eccellenza, quello che, tradizionalmente, parte da Saint-Jean-Pied-de-Port sui Pirenei francesi per giungere fino al santuario di Santiago de Compostela nel nordovest della Spagna. Chi si accinge oggi a percorrere a piedi gli 800 km di strada segnalata dai cippi con la conchiglia di San Giacomo Apostolo, non lo fa necessariamente solo per fede, ma svariate, e diversamente profonde possono essere le motivazioni di ciascun pellegrino. Si può partire alla ricerca della propria fede smarrita, per devozione, o semplicemente per avventura, magari per cercare un senso all’esistenza seguendo il ritmo scandito dai passi avvolti dal freddo o dall’afa, nel dolore fisico della fatica, nell’esaltazione del respiro della natura, oggi più che mai dimenticato e bistrattato dalle esigenze dettate dai ritmi quotidiani.
Così il protagonista, pure affranto dal dolore per la perdita del figlio, decide di seguire lui stesso il Camino, portando con sé le ceneri del giovane, senza un preciso perché, seguendo l’istinto di padre che forse aveva smarrito. Lui medico affermato, benestante, borghese non aveva potuto comprendere prima quel figlio, che, invece, aveva voluto caparbiamente rinunciare al benessere per partire alla ricerca dell’uomo in un viaggio intorno al mondo. La via del Camino porta con sé scoperte improvvise, incontri fugaci, scontri per un nonnulla, notti all’addiaccio, cibo scadente, compagni di viaggio occasionali, caciaroni invadenti o presuntuosi. E l’uomo, via via che prosegue sui suoi passi, arriva a scoprire se stesso, fino al culmine del finale di fronte all’Oceano, in un crescendo emozionale che coinvolge lo spettatore attraverso paesaggi di una bellezza sublime che accompagnano lo sguardo là dove le stelle dominano le vicende umane e c’è da credere che, spesso, queste arrivino a sorridere delle nostre piccolezze.
Il Cammino per Santiago è un bel film, gradevole ed emozionante, che dà fiato a quello che si può definire cinema indipendente, lontano dai canoni affaristici di Hollywood, quegli stessi che non hanno mai apprezzato più di tanto quello che invece è un grande attore, Martin Sheen, pronto a dare grande spessore e intensità alla prova registica del figlio Emilio Estevez.
Dario Arpaio
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