Il Concerto di tutta una vita

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Viviamo un tempo dove il buio è capace a volte di coprire ogni anelito di speranza di luce. Valga per tutti il lucido e dolente articolo di Giorgio Bocca sull’Espresso di questa settimana. Ma vale pur sempre tentare di tutto e ironizzare sulla vita, per ritrovare anche nuove energie e quella leggerezza capace di sostenerci nel riuscire a ritrovare forza ed equilibrio. E ridere e piangere, per emozionarsi ancora. Il cinema può aiutare, perché no!

Così come ci ha indicato Radu Mihaileanu, regista romeno, che ricordiamo per averci già condotto su quel magnifico film Train de Vie del ’99, viaggiando con gli abitanti di un intero villaggio popolato di ebrei nel loro tentativo disperato e un po’ bislacco di sfuggire ai nazisti fingendosi deportati in un crescendo di macchiette e di tragedia.

Con la medesima vivacità narrativa, Radu Mihaileanu ci racconta oggi, nel suo ultimo film Il Concerto, delle peripezie di uno scalcinato gruppo di orchestrali russi coinvolti dal loro direttore in un’ardimentosa tournée parigina. Spacciandosi per i musicisti dell’orchestra del Bolshoi di Mosca, vanno alla ricerca di una sorta di riscatto, di una rivincita sugli anni di stenti subiti soprattutto dal protagonista, condannato all’oblio per non essersi sottomesso alle richieste del Kgb di cacciare gli ebrei dalla orchestra da lui diretta.

Sfruttando un’opportunità rubata al Caso, il direttore, già grande e famoso per la sua lettura del famoso concerto per violino di Tchaikowski, raccoglie fortunosamente intorno a sé tutti i vecchi componenti della sua orchestra  inseguendo il sogno della “armonia suprema”, come egli stesso esprime in un’accorata sequenza.

La prima parte del film stà tutta nella preparazione del piano fino all’arrivo a Parigi, ed è veramente ricca di ritmo, di situazioni comiche, grottesche, che strappano risate, in un susseguirsi di macchiette sul comunismo, sul sistema dello show business, sui nuovi ricchi russi e cialtroni. Mihaileanu ne ha per tutti, belli e brutti, non risparmia niente e nessuno.

Ma all’orchestra ritrovata manca la solista e viene chiamata una famosa violinista francese, intorno alla quale si svolge la seconda parte del film, quella che culmina nell’esibizione tanto attesa, quella di tutta una vita.

L’intreccio si svela solo alla fine in un crescendo di emozioni anche forti, in un melò che fatto scrivere a Natalia Aspesi su La Repubblica che Il Concerto è veramente capace di suscitare un “profondo incanto”.

Bravi tutti gli interpreti, tra i quali, certamente, Mélanie Laurent, capace di passare con dolce disinvoltura dalla sua bella interpretazione con i Bastardi di Tarantino al violino di Mihaileanu. Applauso finale meritatissimo.

Dario Arpaio


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