Il mio nome è Bond, James Bond – storia dell’agente 007 fino a Skyfall
Di Dario ArpaioL’agente 007 ha fatto la sua prima apparizione sullo schermo nel 1962 con Licenza di Uccidere. Fu un successo inaspettato e clamoroso, ma forse non tutti sanno che anche John Fitzgerald Kennedy, alle prese con la crisi di Cuba, ebbe a dire che avrebbe tanto desiderato un agente come James Bond al suo servizio. Da allora Bond non ha mai smesso di combattere per Sua Maestà e per salvare il mondo, riempiendo di orgoglio il suo creatore Ian Fleming. Lui stesso aveva militato nei servizi segreti durante la Seconda guerra mondiale quando, in qualche modo, aveva incontrato il vero 007, un certo Edward Yeo-Thomas, nome in codice White Rabbit, il più spericolato agente dei servizi di allora, sempre pronto a paracadutarsi dietro le linee nemiche tedesche. Catturato dalla Gestapo era stato rinchiuso e torturato a Buchenwald, proprio come poi avverrà in una sequenza di Casino Royale. Yeo-Thomas era colto, affascinante con le donne, spietato in campo. L’ideale per la fantasia e la penna di Fleming che faticò non poco per fare pubblicare i suoi romanzi. Lui ‘sentiva’ la sua creatura visceralmente e, chiuso nella sua casa nei Caraibi, Golden Eye, aveva molto sofferto i tanti dinieghi fino a subirne gli effetti cadendo in una profonda depressione, ma non mollò mai fino al successo, in cui credeva ciecamente. Come poteva sbagliarsi? Aveva creato un eroe perfetto che non poteva non piacere. Forse lui stesso non immaginava quanto e tanto meno per così lungo tempo. Ma fu solo grazie alla spericolatezza di due produttori, altrettanto innamorati del personaggio, Harry Saltzman e Albert Broccoli che 007 poté arrivare sullo schermo, con grande soddisfazione di Fleming. I due produttori non si fermarono davanti ad alcun ostacolo e davvero dovettero superarne molti, ma alla fine ebbero ragione. Sulle loro tracce continuarono a produrre i tanti film di 007 i figli di Broccoli, di successo in successo, fatta eccezione per qualche errore di percorso.
Dopo cinquant’anni però anche a James Bond occorreva una sorta di restyling, è così è stato grazie alla indiscussa bravura del regista Sam Mendes e al suo Skyfall, ventitreesimo film della saga più amata della storia del cinema. Protagonista ancora Daniel Craig, perfetto successore dell’icona Sean Connery e, per certi versi, addirittura più adeguato, più vero. Meno charme, maggiore efficacia. Fisicamente inappuntabile, Craig è capace di soffrire come mai ha dovuto fare Connery. Il suo 007 sa piangere anche se è spietato nel dovere, è fallibile, è umano. Meno vodka martini e qualche birra in più. Sempre perfetto nell’ubbidienza cieca al suo capo M, che in Skyfall gli ruba la scena, impersonato da una Judi Dench capace di offrire tutta sé stessa in una performance memorabile. In Skyfall Bond non deve affrontare il solito pazzo che sogna di dominare il mondo, ma deve vedersela con un villain temibile quanto lui. Ed è un biondo Xavier Bardem a combattere 007.
Si rincorrono, si fronteggiano anche nelle tante citazioni che Sam Mendes ha voluto inserire nel film con eleganza. Non mancano gli inseguimenti mozzafiato. I primi dieci minuti sono da antologia in tal senso. Eppure, via via Mendes introduce, alimenta una vena malinconica che è la vera novità di Skyfall. Torna la magnifica Aston Martin DB5 e un Bond che ama farsi la barba con rasoio a mano, all’antica, così come altrettanto si può uccidere anche solo con un pugnale, con efficacia, senza bisogno di ricorrere ad armi supertecnologiche. Bond invecchia, rimane un figlio del XX secolo, con un velo di nostalgia, ripensando a quando onore e valore avevano un senso e un significato precisi. Solo lui saprà ristabilire i giusti equilibri anche se il prezzo sarà salato. Eccellente questa prova di Sam Mendes che dopo i successi di American Beauty, Era mio Padre, Revolutionary Road, ci regala un nuovo 007 anche grazie a un perfetto insostituibile Daniel Craig e anticipando, perché no, un quasi doveroso seguito.
Dario Arpaio
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E’ uno 007 che riscopre le sue radici, un ritorno al passato senza tuttavia perdere d’occhio il futuro, un episodio della saga un po’ più classicheggiante, lontano dall’ultramodernismo e dagli eccessi da action movie del precedente “Quantum of solace”. E Craig questa volta è meno glaciale e più umano, un uomo davanti alle sue fragilità fisiche e psicologiche. Un film che riconcilia con la gloriosa storia dell’epopea bondiana. L’ho recensito sul mio blog:
http://notedazzurro.blogspot.it/2012/11/le-mie-recensioni-007-skyfall.html