Il Petroliere

Di

there-will-be-blood.jpgThere Will Be Blood, presentato in Italia con il titolo annacquato de Il Petroliere offre una grande opportunità di vedere un risultato del tutto eccellente, frutto del lavoro del regista Paul Thomas Anderson, di un eccezionale Daniel Day Lewis e la colonna sonora di Johnny Greenwood (vedi i Radiohead). Assistiamo a un film duro, con foschi chiaroscuri esaltati nello sguardo di Daniel Day Lewis nei panni del petroliere Plainview, e lo vediamo divenire via via nero come il suo petrolio che lo sporca fin dentro l’anima, lo penetra attraverso ogni poro lasciandolo solo, in preda all’alcol, al fumo e schiavo del potere effimero del denaro.

Magistrali i primi 15 minuti del film dove, accompagnati dalle note penetranti di Greenwood, seguiamo il protagonista Daniel Plainview ancora nei panni di povero cercatore d’argento, picconare la pietra in una profonda buca, con metodo ossessivo, con una furia allucinata senza sosta. Il personaggio e tutta la vicenda sono liberamente tratti dalla prima parte del romanzo Oil!, Petrolio, di Upton Sinclair che ripercorre la vera storia del magnate Edward Doheny (1856-1935) e con esso la nascita di un certo capitalismo spietato nella forma e nella sostanza. Le sequenze delle perforazioni che Plainview effettua, azzoppato dopo la citata parte iniziale, mostrano la punta della trivella penetrare, ferire ritmicamente la terra fino a far sgorgare il petrolio come sangue da una ferita, preludio di quello stesso che scorrerà rosso dalle vittime di Plainview. La musica di Greenwood vibra viva nell’immagine stessa, non cessa di evocare quanto sta per succedere, di tessere un dialogo fitto con il protagonista, in ogni suo silenzio, in ogni suo sguardo di rabbia o di pianto.

Ma Plainview non rappresenta solo il nascere del capitalismo che traghetta gli USA dall’800 al ‘00, trasformando la vita dei pionieri dell’ovest americano, spesso ben misera, in un’opulenta classe di magnati. Daniel Day Lewis ci propone un uomo, Plainview, che odia il suo prossimo, che ama solo la sua vittoria sul limite stesso che la Natura gli pone, vuole e vive solo per il dominio assoluto. Compra man mano concessioni, offre sì ricchezza in cambio, ma abbatte ogni ostacolo fino a non voler maniacalmente discernere il vero dal falso, l’amico dal nemico. Si scontra in una battaglia contro un falso predicatore il quale a sua volta s’incunea nella buona fede dei compaesani attizzando un isterismo pseudo-religioso fino a costituire una setta fanatica con il solo ovvio scopo del proprio arricchimento (come le tante ancor oggi presenti negli USA). Plainview volgerà a suo vantaggio, pur detestandolo, il falso profeta fino a uno scontro finale, dove esploderà tutta la rabbia di un uomo che ha ottenuto tutto perdendo se stesso in un crescendo dostojevskiano ma senza possibilità di ravvedimento finale.

Come dicevo, molto avvolgente è la musica di Greenwood coniugata dalla sapiente regia di Anderson. In un’intervista apparsa su Enterteinement Review, il regista ha affermato un certo suo imbarazzo nel voler esprimere una colonna sonora di forte impatto recitativo dopo tanti eccelsi precedenti, citando lui stesso, ad esempio, il maestro Kubrick allorquando scelse Singin’ in the Rain per accompagnare una scena cruciale di Arancia meccanica esaltando nel grand-guignolesco la tragedia della violenza pura.

Grande, grandissimo Daniel Day Lewis nella preparazione del suo personaggio, una rara performance, ma vorrei pur citare la bravura più che encomiabile del piccolo Dillon Frasier nella parte del bimbo muto adottato da Plainview.

Dario Arpaio


Commenta o partecipa alla discussione
Nome (obbligatorio)

E-mail (non verrà pubblicata) (obbligatoria)

Sito Web (opzionale)

Copyright © Teknosurf.it, 2007-2024, P.IVA 01264890052
SoloCine.net – Guida e storia del cinema supplemento alla testata giornalistica Gratis.it, registrata presso il Tribunale di Milano n. 191 del 24/04/2009