Jeunet, o della esplosiva vendetta di Bazil
Di Dario ArpaioJean-Pierre Jeunet torna sul grande schermo dopo lo strepitoso, improvviso, meritato successo della visione di quel mondo di Amélie che ha strappato sorrisi e consensi, ovunque, con il suo tocco delicato, pieno di pudore, vivace e frizzante come le fantasie e i sogni di un bambino. Il nuovo film, Mic Macs à tire-larigot, da noi presentato come L’esplosivo piano di Bazil, è la storia infinita di un ragazzone mite, ma terribilmente vendicativo, sorretto e aiutato da amici strampalati, accampati in una discarica, una sorta di circo Barnum popolato da adorabili freak, autentici di sogno, più veri della realtà, capace com’è quest’ultima di garantire solo sofferenza e vessazioni.
Ma veniamo all’accattivante titolo originale, Mic Macs à tire-larigot, ovvero, si potrebbe tradurre con ‘Mic Macs strabordante’, eccessivo oltre misura, capace di travasare tutta la sua sofferenza in uno smodato quanto sconclusionato desiderio di giustizia (più che di vendetta) nei confronti di quei fabbricanti e trafficanti d’armi che, indirettamente, prima causano la morte del padre e poi gli lasciano, in un certo senso, una pallottola in capo a perenne ricordo.
E’ la lotta di Davide contro Golia, è la resa dei conti, il riscatto degli innocenti verso gli intoccabili, dei potenti che si fanno beffe degli ultimi e, in ultima analisi, è il trionfo della follia surreale, della fantasia, del libero volo creativo sulla logica del profitto. Per carità, non è un film politico in senso stretto, Jeunet non lo ha certo pensato in questi termini. Lui proviene dal fumetto, dal corto d’animazione ed è idealmente figlio di quei grandi illustratori di un tempo lontano, andato ormai a finire in soffitta. Uno dei suoi primi successi, Delicatessen (1991) era assai più cinico e dissacrante rispetto al terribile, seppure ingenuo, piano di Bazil, tramato nell’ombra della caverna sotto i rifiuti, insieme con i suoi inseparabili amici, l’uomo cannone, la contorsionista di gomma, il minuscolo forzuto e via così. La stessa Amélie sognava tra pomodori e croissant, ma in fondo si rispecchiava solo in se stessa. Ma Bazil… Bazil è quel Dany Boon, già apprezzato in Giù al Nord, che riempie magnificamente la scena come un comico del muto, un incrocio ideale tra i Keaton e i Chaplin. Forse proprio ciò che voleva Jeunet, come a dire, l’imprevedibile leggerezza della fantasia per strattonare lo strapotere dei padroni del vapore. Non sono forse più ridicoli loro stessi che non i tanti Mic Macs che circolano in mezzo a noi? Chissà che anche Jeunet non abbia trovato quella misteriosa chiave che salta magicamente di mano in mano, da Tim Burton a Terry Gilliam, dopo essere passata nelle mani di Fellini, di Zavattini e…
Dario Arpaio
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