La ragazza che giocava con il fuoco non convince
Di Dario ArpaioDopo Uomini che odiano le donne, la saga di Millenium torna con La ragazza che giocava con il fuoco e si concluderà il prossimo anno con l’ultimo film della trilogia, La regina dei castelli di carta. Questi i titoli tratti dagli omonimi romanzi dello svedese Stieg Larsson, scomparso improvvisamente a soli 50 anni, senza aver avuto modo di potere gioire del grandissimo successo dei suoi romanzi e del seguito di estimatori che la sua saga ha saputo richiamare.
Larsson, giornalista e scrittore, si è sempre impegnato attivamente contro il razzismo, contro la destra nazionalista, denunciando i mali del nostro sistema. La sua conoscenza dell’operato dell’estremismo di destra e della delinquenza comune lo ha portato a essere chiamato anche da Scotland Yard in qualità di consulente.
Attraverso Expo, la rivista da lui fondata, ha sempre combattuto tenacemente il male, afffiancando alle pubblicazioni conferenze in tutto il mondo. In particolare si è sempre schierato contro quella violenza ottusa che troppo spesso si scatena sulle donne. Tutta la saga di Millenium la rappresenta insieme con una feroce critica del sistema, ma ora è diventata solo puro business.
La compagna di una vita, Eva Gabrielsson, non ha potuto ereditare nulla della fortuna ottenuta dai libri di Larsson. Essendo solo ‘convivente’, la legge ha dato tutto al padre e al fratello. Loro stessi ostacolano anche l’eventuale seguito di pubblicazioni di altro materiale di Larsson, ancora nelle mani della Gabrielsson. In effetti l’autore di Millenium, nelle sue intenzioni, voleva portare a dieci il numero dei romanzi della saga. Purtroppo restano solo alcune centinaia di pagine incomplete.
Oggi le agenzie turistiche organizzano il Millenium Tour e accompagnano i turisti a vedere da vicino i luoghi della Stoccolma dei romanzi. Per non dire poi delle voci sorte intorno a un viaggio in Svezia di Quentin Tarantino accompagnato da Brad Pitt, il che avrebbe fatto presumere a qualcuno di un possibile (speriamo improbabile) remake della trilogia. Chissà cosa ne penserebbe Stieg Larsson…
I tre film tratti dalla sua opera sono già stati girati in poco più di un anno e mezzo. Il primo, uscito nelle sale l’anno scorso, ha suscitato grande interesse, grazie anche alla regia di Niels Arden Oplev, il quale ha bene introdotto i temi cari allo scrittore, facendo conoscere i protagonisti con il giusto taglio. Soprattutto la vera grande creazione di Larsson, il personaggio di Lisbeth Salander, resa sullo schermo da una straordinaria incredibile Noomi Rapace. L’attrice è semplicemente perfetta nel ruolo della hacker dal passato oscuro, con la sua dura scorza di eroina senza paura, giustiziera implacabile, appassionata di giochi matematici, dotata di una incredibile memoria fotografica. E’ lei il fulcro intorno al quale ruotano i tanti personaggi, tutti assai ben delineati nei romanzi, che, purtroppo, si perdono un po’ nei film. Tanto meglio nel primo, quanto peggio nel secondo e, temo, anche nel terzo, dal momento che Oplev ha dovuto lasciare la regia degli ultimi due in mano a Daniel Alfredson. Tutto ciò che di buono c’era nel primo episodio, Uomini che odiano le donne, viene smarrito da La ragazza che giocava con il Fuoco, che pare un bignami televisivo, più concentrato sull’azione, a volte anche sconnessa, e molto molto meno sull’introspezione dei personaggi. Se non fosse per la bravura di Noomi Rapace nel rendere la Lisbeth di Larsson, ci si annoierebbe anche un po’. Il ruolo del giornalista, Mikael Blomqvist, il capo redattore della rivista Millenium, interpretato dal pur bravo attore di teatro, Michael Nyqvist, risulta un po’ piatto e assai poco lascia trasparire dei tormenti del personaggio, il giornalista che nel secondo episodio le tenterà tutte pur di aiutare Lisbeth, ricercata per triplice omicidio, e dimostrare la sua innocenza. Inoltre nel film assolutamente poco o nulla traspare del linciaggio mediatico della protagonista in seguito alle accuse di omicidio, quando la stampa e le televisioni la trasformano in una psicopatica lesbica satanista. Nulla neppure sulla meschina incapacità di taluni personaggi della polizia o sul protagonismo arrogante della magistratura, sulle trame dei servizi segreti. Si potrebbe proseguire con le critiche alla regia di Alfredson che, in fondo, confeziona un sufficiente filmetto d’azione. Peccato, perché come ha scritto recentemente il grande Mario Vargas Llosa, la trilogia di Larsson cattura il lettore in maniera travolgente, coinvolgendolo in una corsa spasmodica verso la verità, attraverso serrati colpi di scena, in un intreccio da romanzo ottocentesco, che ricorda Alexandre Dumas con suoi moschettieri.
Dario Arpaio
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