Lindau Torino presenta Quentin Tarantino, Pulp Fiction

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Quentin Tarantino pulp fiction
Quentin Tarantino, QT, diventa cute, carino con il soprannome che gli viene dato dai fan che vedono per la prima volta L’eterno ragazzone di Knoxville, Tennessee nel 1992 al Sundance Festival con il suo Le jene tributandogli un successo straordinario al pari di quello accreditatogli dalla critica.

Beh, Tarantino proprio carino non è, eppure la fascinazione immediata che scatena è senza limiti, o si ama, o si odia, così come i suoi film. Prima di Le jene aveva esordito come sceneggiatore di Una vita al massimo firmato per la regia da Tony Scott. Successivamente QT aveva scritto Assassini nati, Natural Born Killers che avrebbe voluto girare lui stesso ma venne affidato dalla produzione a Oliver Stone. Proprio con Stone emergeranno in seguito dissidi e una insanabile reciproca antipatia.

Poi, finalmente, Tarantino arriva dietro la macchina da presa, la sua. Può finalmente liberare il genio prigioniero nelle pastoie degli script fino a farlo esplodere nelle immagini di Pulp Fiction che diventeranno cult e ancora più cult, frutto del suo grande sconfinato amore per il cinema coltivato in tanti anni di frequentazione di biblioteche e di sale dove QT non perde un film, quale che sia la qualità espressa.

In pochi anni riceve tributi a piene mani da ogni genere di platea. Le biografie e gli studi si susseguono a molteplici interviste. Anche la Casa Editrice Lindau di Torino partecipa al coro dando oggi alle stampe un interessante volume scritto da Alberto Morsiani con il titolo Quentin Tarantino, Pulp Fiction. Un vero e proprio trattato di estetica del cinema di QT analizzato attraverso una lettura certosina delle 75 sequenze del film più famoso e caratteristico del grande regista.

Il Festival di Cannes nel 1994 tributa la Palma d’Oro a Pulp Fiction, che entra a pieno titolo nella Storia del Cinema. Morsiani ci accompagna sul set, ci spiega come pensa Tarantino, cosa gli piace, addirittura qual è la sua marca preferita di cornflakes e non per una perversa forma di idolatria, bensì perché ogni dettaglio del quotidiano di Tarantino entra nei suoi film. Ogni apparente banalità assurge a opera d’arte come i barattoli di Campbell di Wharol. Tutto è immagine identificativa, icona, segno chiarificatore e rivelatore di qualcosa che è altrove, ulteriore all’apparenza della superficie. Così come la Los Angeles di Pulp Fiction non è quella patinata e anonima alla Ellroy, è la Metropoli al di là del tempo fatta di diners usciti dai quadri di Hopper, residence, suburbs che sono in nessun luogo in un tempo oltre che è immagine del nostro tempo vuoto.

Il libro illustra con dovizia l’immaginario del regista nonché le tante ossessioni, a cominciare da quella per il cibo, quella per i piedi, fino al culto assoluto per certa musica anni ’50 e così via a comporre un mosaico prezioso. A proposito, anche le riprese di Kill Bill non ebbero inizio fino a che non giunsero espressamente dal Giappone le scarpe poi divenute famose, quelle Onitsuka Tigers gialle e nere indossate da Uma Thurman. Da non dimenticare poi le citazioni di altri films che sono per Tarantino una autentica delizia, una ragione in più. IMdB ne ha contate ben 92 in Pulp Fiction. Infine un estratto dalla quarta di copertina del libro di Morsiani:

In esso convivono iperrealismo e fiaba, rétro e postmoderno, riciclaggi e invenzioni, confronti e scontri, orologi d’oro e frappè, chopper cromate e spade katana, sermoni e sodomie, gare di twist e spari in faccia. Pulp Fiction è, insomma, un’esperienza estetica globale, e l’icona di un’epoca.

L’AUTORE

Alberto Morsiani è direttore artistico dell’Associazione Circuito Cinema di Modena dal 1992. È critico cinematografico della «Nuova Gazzetta di Modena» e collaboratore di «Cineforum» e di altri periodici e siti specializzati. Studioso soprattutto di cinema americano, ha pubblicato tra l’altro Anthony Mann (1986), Joseph L. Mankiewicz (1990/2006), Scene americane. Il paesaggio nel cinema di Hollywood (1994), Oliver Stone (1998/2008), John Ford. Sentieri selvaggi (2002/2007), Quentin Tarantino (2004/2005), Gus Van Sant (2004), L’America e il western. Storie e film della frontiera (2007).

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