Look Both Ways, l’essenza della vita
Di Dario ArpaioPrima che arrivi il maghetto Potter ad accaparrarsi tutta l’attenzione degli spettatori, almeno della maggior parte, vorrei riproporre un bellissimo film, opera prima della regista australiana Sarah Watt. Look Both Ways, improvvidamente sottotitolato Amori e Disastri.
Il film è del 2005 e solo da qualche settimana ha visto la luce nelle sale italiane grazie alla Fandango di Domenico Procacci. Il film, neanche a dirlo, in questi anni ha ottenuto riconoscimenti e apprezzamento un po’ ovunque all’estero, eppure la distribuzione era orientata a presentarlo solo in versione DVD, forse conscia di certi limiti del nostro mercato interno. C’è da ringraziare che, alla fine, il film si sia potuto vedere nelle nostre sale.
E’ una interessante opera prima, frutto di un soggetto accattivante della stessa Watt, che lo ha sviluppato con una regia fresca, originale, vivace, benché il tema sia a tratti dolente.
Un film corale, dove le vite dei personaggi vanno a comporre un mosaico di tessere fatte di solitudine, di disagio esistenziale, di vita e di morte, ma anche di gioia, di punti di vista diversi nella manifestazione di quell’umanissimo desiderio di comunicazione, di solidarietà, di quella voglia di svelarsi all’altro, che ciascuno di noi cela nel fondo del proprio animo.
Una pittrice amante della vita, ma troppo sola per viverla appieno lontana dalle sue paure incontra un fotoreporter che scopre all’improvviso di avere un cancro; un cronista, suo amico, viene invece a sapere dall’amante che è incinta; una giovane vedova offre il suo perdono al macchinista del treno sotto il quale, accidentalmente, perde la vita il marito di lei; il direttore di un giornale si trova a riflettere teneramente sulla vita, mentre è alle prese con la festa di compleanno della figlia che aveva quasi dimenticato… Ogni sequenza è come vista attraverso un caleidoscopio che scruta nei colori dell’esistenza, percuotendo lieve l’occhio, affermando la casualità del nostro essere, che altro non chiede se non di vivere con tenerezza, fino in fondo.
Ecco, questo è tutto, ed è troppo poco per descrivere un film che afferra alla gola con le sue riflessioni profonde, mai scontate, mai banali, sempre attente a ciò che è in fondo al nostro stare al mondo.
La storia è ambientata nella periferia di Adelaide. Inizia con i telegiornali sulla notizia di un disastro ferroviario. Gli aggiornamenti si susseguono, incalzando sulle vicende dei singoli personaggi che si muovono sotto un’afa opprimente. Quando tutto pare occluso e perso nell’inutilità degli affanni quotidiani, ecco arrivare un temporale. Ed è come se quello scroscio di pioggia improvvisa e attesa al tempo stesso, si portasse via ogni negatività, ogni delusione, creando alla fine il presupposto della speranza, della gioia che sta anche nel sapersi accettare nella propria finitezza.
Grazie a Domenico Procacci e alla sua Fandango, sempre attento alle proposte di qualità. Peccato che un così bel film si perderà tra un transfomer e un maghetto, ma il cinema è anche questo.
Dario Arpaio
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Mi sembra molto interessante il film, di quelli che vanno a sondare e a cogliere che cosa sta dentro di noi e che spesso sfugge agli occhi dell’osservatore distratto…l’essenza e la profondità della vita stessa. Questo mi sembra da quello che hai scitto…verificherò di persona andandolo a vedere al cinema.
Look Both Ways mi è piaciuto molto …anche se mi chiedo come si possa banalizzarlo con il sottotitolo “Amori e Disastri”, probabilmente una trovata per aumentare gli incassi, così ci si immagina una commedia più o meno leggera.
Nel film ognuno sta chiuso nel suo mondo, incapace di comunicare, di ascoltare e tantomeno di esprimere le proprie emozioni: quasi che la vita sia soltanto produrre, essere efficienti, rispettare gli impegni,gli orari, le convenzioni.
Poi arriva l’imprevisto, proprio quello che non si vorrebbe e che appunto non rientra negli schemi : il dolore. Lo si nega anche a se stessi, incapaci di accettarlo ed elaborarlo. Ma nel momento stesso in cui lo si riesce a comunicare, improvvisamente tutto cambia…e dal dolore nasce un nuovo impulso e un’ apertura verso la vita stessa … tutto si mette di nuovo in moto.
Molto pregnanti alcune inquadrature che si ripetono e che assumono significati più ampi e simbolici: il treno e il volo degli uccelli, tanto che sarebbe interessante chiederci che cosa stiano veramente a significare…
Da apprezzare anche il significato del titolo, ovvero ‘Guardare da entrambi le direzioni’, interpretare lo stesso ‘fatto’ da due diversi punti di vista. Lo stesso dramma, la stessa gioia, vengono viste sia dall’uno sia dall’altro personaggio e intepretate in modi diametralmente opposti, quasi conflittuali, per poi riunire le visioni e le possibilità di vita, se pur brevi, dopo un acquazzone. Tutto è mutevole nell’umano. Restano fissi, immutabili, il volo degli uccelli, i binari del treno, l’afa, la pioggia. Il corso naturale della vita ci può fare ricordare chi siamo veramente e come accettare, con drammatica serenità, ciò che è vivo.
un altro aspetto degno di nota nella regia è costituito dalle immagini pittoriche delle paure della pittrice (quasi) in contrappunto con le visioni per così dire ‘scientifiche’ del fotoreporter. Una chicca, un surplus che la Watt ha saputo e voluto concedersi, grazie anche alla sua esperienza nel cinema di animazione.
Ciao !