Sean Penn contro la Gangster Squad
Di Dario ArpaioChissà come avrebbe commentato Eddie Bunker a proposito di questo nuovo film poliziesco dal titolo Gangster Squad, lui che, appena diciassettenne, venne rinchiuso a San Quintino, aggiudicandosi il poco invidiabile primato del più giovane recluso della storia del famoso penitenziario, salvo poi diventare uno scrittore di noir di qualità e poi anche attore, assai caro a Quentin Tarantino, grande estimatore dei suoi romanzi. Bunker, la feccia, l’ha conosciuta davvero. Ha saputo raccontarne storie vere, crude, acide. Tanto da diventare autore culto, come l’Ellroy di L.A. Confidential o di Black Dahlia. In qualcuno dei loro romanzi compare proprio il nome di Mickey Cohen, il boss della Los Angeles degli anni ’40, il cattivo del film Gangster Squad , appena giunto nelle nostre sale distribuito dalla Warner. per la regia del giovane Ruben Fleischer.
Il vero Cohen era cresciuto per le strade della città-degli-angeli vendendo giornali da quando aveva solo sei anni. Man mano si era fatto una certa fama come pugile, diventando poi un gangster nella East Coast, durante il proibizionismo, al seguito di Al Capone. Lasciata Chicago, per via di una partita di poker finita male, era tornato a Los Angeles. Droga, prostituzione, gioco d’azzardo ne aumentarono la fama di boss spietato. Frequentò anche Lana Turner e Frank Sinatra. La sua carriera si concluse con l’arresto per evasione fiscale e finì i suoi anni acquistando negozi di fiori, mercerie, discoteche e morì di ulcera nel ’76.
Tutto ciò non c’è nel film Gangster Squad , che vorrebbe raccontare la caduta di Mickey Cohen grazie all’operato di una squadra di poliziotti incorruttibili e privi di scrupoli. Ma il refuso non pregiudica, né guasta la visione di una storia, tutto sommato, divertente, ben montata nelle sparatorie dal giovane Fleischer, dichiaratosi un fan accanito dei grandi registi culto del genere, come Michael Mann, Brian De Palma.
La Gangster Squad è composta da Josh Brolin, nei panni di un sergente dalla morale ferrea, tagliata con l’accetta, un duro e puro che si assume il compito di ripulire, con ogni mezzo, la città dal cattivo Cohen. Insieme con lui Ryan Gosling, che una volta di più stupisce per bravura e physique du role. Forse meno efficaci, i pur bravi Giovanni Ribisi, Robert Patrick e l’imbolsito Nick Nolte. Su tutti svetta l’interpretazione di Sean Penn, cattivo cattivissimo Mickey Cohen, truccato in eccesso, stile fumetto alla Dick Tracy o Sin City. Ed è proprio questa la chiave di lettura che rende godibile le sparatorie e la violenza di Gangster Squad. I poliziotti gettano alle ortiche il distintivo e combattono il cattivo con la sua stessa spregiucatezza, ma in stile comics anni ‘40. Se poi Fleischer avesse inteso rendere qualcosa di più o di diverso, allora il film non vale. Non ha la forza dei romanzi di Ellroy o di Bunker, anche se la ricostruzione della Los Angeles del ‘49 è pregevole, grazie alle patinate scenografie e, soprattutto, in virtù di una fotografia efficace.
Alla fine del film, tornano alla mente, con un po’ di nostalgia, i vecchi gangster movie in bianco e nero, quelli con James Cagney o Edward G. Robinson. Altre storie, altra classe. Non sarebbe nemmeno sensato paragonare Gangster Squad a Gli intoccabili. Quindi poco merito va a questo film, benché si presenti come un discreto film di intrattenimento, un fumetto, tale che però, se non ci fossero Penn o Gosling, andrebbe diritto nel dimenticatoio.
Dario Arpaio
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