Shine A Light
Di Dario ArpaioIn scena al Beacon Theatre, New York. Qualche giorno dell’autunno del 2006. Dietro le quinte c’è molta agitazione per l’inizio delle riprese di Shine A Light. Martin Scorsese rivela un nervosismo che ha già superato ogni limite. La sua voce è stridula per la tensione. Non ha la scaletta degli Stones. Manca poco all’inizio del concerto e non ha ancora la scaletta dei pezzi degli Stones. Ne ha parlato e riparlato con Mick e Keith. Ha aggiunto e cancellato i pezzi come volevano loro. Il grande regista detesta improvvisare, ma i due Stones nicchiano sornioni. Vogliono fargli uno scherzo comunicando i pezzi defintivi solo un’ora prima del ciak.
Intanto arriva Clinton che per festeggiare i suoi 60 anni ha invitato amici e parenti. Come dire, una festicciola in famiglia… Grandi saluti e foto di rito. Un inserviente avverte Keith che deve salutare la mamma di Hillary. Richards resta un po’ perplesso, anche Charlie Watts è confuso, ma poi dicono vabbè… che ci costa farlo… Hi Mom! Le vanno incontro con un gran sorriso e l’abbracciano.
Infine, dopo un’altra decina di minuti di backstage in bianconero il concerto inizia. Con una forza strepitosa le note di Jumpin’ Jack Flash percuotono lo stomaco, aprono il cuore. Non c’è più nulla intorno, solo loro, solo i Rolling Stones, quelli di sempre, intatti con il loro rock che non appartiene al passato e neanche al futuro, ma vive sempiterno in quell’attimo esploso in una magica emozione. Questo è ciò che Marty vuole cogliere con il suo documentario Shine A Light. Catturare l’attimo del rock degli Stones e lasciare una grande prova del suo amore mai taciuto per il gruppo al quale pagò la bellezza 30.000 dollari nel lontano 1973 pur di inserire la loro Jumpin’ Jack Flash nella colonna sonora di Mean Streets, proprio il film che segnò l’inizio del successo per la coppia Scorsese-De Niro.
Scorsese ha curato tutto nei minimi dettagli per questo documentario insieme con David Tedeschi per il montaggio. Fin dalla scelta della location, un piccolo teatro newyorkese dove chiamare, quasi a raccolta, alcuni tra i più grandi direttori di fotografia del momento: Robert Richardson (The Aviator), John Tall (Braveheart, L’ultimo Samurai), Andrew Lesnie (Il signore degli anelli), Stuart Dryburgh (Lezioni di piano, Il velo dipinto), Robert Elswith (Magnolia, Il petroliere). Sono state impiegate 15 camere per filmare simultaneamente il concerto (a dire il vero, i concerti sono stati due). Tutto per farci stare sul palco in quell’attimo, tra le rughe sui volti, nei capelli, vicino a Keith Richards (65 anni) quando lancia ai fan i suoi plettri come fossero santini, o tra i salti esplosi nel sudore di Mick Jagger (63 anni), tra le dita magistrali di Ronnie Woods (60 anni) sulla sua Fender; nonché vicino al compassato Charlie Watts (66 anni) che non apre mai bocca tranne che per dire una volta e una volta soltanto Hello!.
Ogni finale di canzone ci mostra uno stupore quasi di bambino sul volto di Mick Jagger, e questo da lui proprio non te lo aspetti. Ma gli Stones sono anche questo, non hanno etichette, non appartengono a nessuno. Keith è certo che lui e Ronnie siano un po’ scarsi come chitarristi, ma afferma anche che loro due insieme valgono come dieci, loro sono i Rolling. Che dire poi quando lui stesso, con i suoi occhi di pece che ipnotizzano, da pirata della sua stessa vita, canta “you got my heart/ you got my soul/ you got the silver/ you got the gold…what’s that laughin’ in your smile?…”.
Shine A Light offre spezzoni di interviste del passato del gruppo, un collage degli anni ’60. Nel concerto si aggiungono poi altri ospiti e permettono agli Stones di cimentarsi in altri generi: un titanico Buddy Guy, Cristina Aguilera e Jack White III.
Tutto questo è Shine A Light, un indimenticabile, assoluto concerto rock secondo Scorsese che cambia, evolve il modo di fare i documentari musicali, lasciandoci una manciata di sogni con un po’ di Brown Sugar, She Was Hot, Start Up, Faraway Eyes (con Wood alla steel guitar), All Down The Line, Some Girls, My Imagination, Connection, nonché una fulminante (I Can Get No) Satisfaction, e un’indimenticabile versione di As Tears Go By che ci resta nel cuore come il rock degli Stones, poesia della strada senza tempo.
Dario Arpaio.
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Consiglio vivamente questo film ai più giovani e ai meno giovani. Ai primi per capire che cos’è la musica e ai secondi per non dimenticare dei musicisti che hanno ancora una gran ruolo nella musica contemporanea.