Solo Dio perdona di Nicolas Winding Refn
Di Dario ArpaioDopo il successo di Drive, premiato l’anno scorso a Cannes, il danese Nicolas Winding Refn, uno dei migliori giovani registi europei, ci riprova e tenta di andare oltre se stesso con Solo Dio perdona, presente alla kermesse della Croisette con il risultato che, stavolta, il pubblico e la critica si sono divisi a metà. Applausi e fischi. Gli apprezzamenti e le stroncature si sono accavallati.
Va detto, Solo Dio Perdona è un film che o si ama o si odia. Winding Refn non si è limitato a girare un b-movie secondo gli schemi classici dei film orientali dove la vendetta è il fulcro di storie di faide sanguinose e sanguinolente. Il quarantatreenne regista si è concentrato in una sorta di sperimentazione visiva. Individuata in Bangkok la location ideale durante una vacanza con la famiglia, ha iniziato a scrivere una sceneggiatura con i dialoghi ridotti all’osso, lasciando alle sole immagini il compito di interpretare una vicenda di sangue con uno stile complesso E ardito.
Cromatismi portati all’eccesso, pochi movimenti di macchina accompagnati da una colonna sonora eccellente, dilatano il tempo della vicenda di sangue che è al centro di Solo Dio perdona. Tutto il film è intriso di una violenza dura che pervade quasi ogni scena, che non lascia scampo all’occhio, aggredendolo con una poetica nichilista quasi compiaciuta e ossessionata da se stessa.
Ryan Gosling, grandissimo interprete e, in gran parte, artefice del successo di Drive, è il co-protagonista del film nel ruolo del figlio minore di una terribile madre boss di spacciatori – stupenda Kristin Scott Thomas in un personaggio insolito per lei. La donna impone al figlio di vendicare l’uccisione del fratello maggiore, uno spostato punito con la morte per aver a sua volta violentato una sedicenne. Tutti dovranno fare i conti con un poliziotto armato di una lama affilatissima, che si erge a giudice di ogni misfatto sulla sua strada, imponendo mutilazioni o morte a chi secondo lui è colpevole, a torto o ragione. Una sorta di pesudo-mistica thai suggerisce al poliziotto esecuzioni spietate, comminate senza perdono.
Gosling è meno presente sulla scena, non è al centro della vicenda come in Drive. Refn però lo inquadra da ogni angolazione, ci fa penetrare nel suo animo tormentato, quasi impotente di fronte a tanta scriteriata quanto ineluttabile violenza. Non c’è amore in questo film, non è presente nessun sentimento eccetto l’odio che produce una violenza senza limiti. Il regista crea un film ammirevole come opera d’arte pittorica, espressiva quanto astratta nella raffigurazione del lato oscuro presente in ogni essere umano. Solo Dio perdona è un film notturno, dove si intravede l’omaggio dichiarato a Jodorowsky in un’onda visionaria che emerge da ogni inquadratura perfetta di per sé.
Forse Winding Refn è andato troppo oltre, per così dire, nella sua sperimentazione. Solo Dio perdona è forse un azzardo non del tutto compiuto e compreso, che però nulla toglie al genio del cineasta.
Dario Arpaio
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