Storia di una ladra di libri

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1Storia di una Ladra di Libri per la regia di Brian Percival, è un decoroso film pensato per suscitare commozione -a tratti un po’ forzata-, anche se il risultato convince poco. Originando dal romanzone scritto dall’australiano Markus Zusak, un best seller da otto milioni di copie vendute nel mondo, si sarebbe potuto disegnare con accenti diversi e dare un senso e uno spessore drammatico che non rimanesse nell’ambito del feuilleton strappalacrime a buon prezzo.

La vicenda prende il via nella Germania del 1938 all’apice del nazismo. Una stucchevole voce narrante, nientemeno appartenenente alla Morte in persona, racconta di come una madre comunista debba abbandonare i figli a genitori adottivi e da ciò che ne consegue in quel tempo di barbarie. Il piccolo muore di stenti durante il viaggio. La bambina trova una famiglia e un amico ebreo. Le bandiere naziste sventolano sui roghi dei libri. Intanto la piccola impara a leggere e a scoprire che, pur se tutto passa, le idee e i sogni restano indelebili nelle pagine scritte. Intorno a lei si muovono altri bambini, altri personaggi, ma tutti appena abbozzati, appiattiti in quella che pare una fiction televisiva dai toni grigi, più che un film parabola della potenza della cultura sulla demagogica propaganda nazista.

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Non emerge alcun messaggio chiaro e forte sulla grandezza della parola scritta e sul fascino che essa stessa può generare e perpetrare nella mente di una ragazzina. La Storia di una Ladra di Libri non è il Diario di Anna Frank, ne insegue forse il segno drammatico senza nemmeno sfiorarlo. Punta su facili sentimentalismi, ma non emerge mai un dito accusatore verso il tocco del male. Non è poesia, non è memoria, scivola sul senso della vita in quello che fu un tempo acido, terribile, sconvolgente. Il regista scommette certamente sulla musica d’effetto, come quella scritta da John Williams, che di nomination  fa collezione, però non riesce a ottenere il meglio da un cast forte della presenza di Jeoffrey Rush, di Emily Watson. Bravina la ragazzina interpretata da Sophie Nélisse, ma è il suo personaggio a rimanere patinato e il ‘coraggio dietro le parole’ –così sottolinea la locandina del film- rimane, come dire… un po’ indietro. Il finale è affrettato e chiude con una carrellata su oggetti e fotografie che scivolano via nella memoria, esattamente al contrario di ciò che l’autore del romanzo ha forse inteso lasciare nei suoi otto milioni di lettori.

Dario Arpaio


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