The Road
Di Dario ArpaioCormac Mc Carthy è uno dei più grandi scrittori americani viventi. Forse il più grande narratore del suo Paese. Vive appartato, scrive compulsivamente utilizzando solo una vecchia Olivetti. Rifugge ogni forma di mondanità. Miete premi su premi; ha già vinto tutti i maggiori.
Il grande pubblico lo ha conosciuto anche grazie ai fratelli Coen e alla trasposizione cinematografica di grande successo che hanno fatto di Non è un paese per vecchi, dolente e forte riflessione su di un mondo che non c’è più, su di una morale che svanisce lasciando il posto a una violenza psicopatica che sta avvinghiando ogni aspetto della vita umana.
Cormac Mc Carthy con il suo romanzo The Road è stato insignito del Premio Pulitzer nel 2007. Due anni dopo la Dimensions Films e la 2929 Productions ne hanno tratto un film. La regia è stata affidata a John Hillcoat che, sulle musiche del suo grande amico Nick Cave, ha girato una ballata tra le più cupe e amare che sia mai stato dato di vedere.
La critica americana ha osannato senza remore questo film, così forte tanto quanto impattante è il romanzo di Mc Carthy. Eppure ha avuto scarso successo di pubblico, più che altro perché solo poche copie sono state fatte circolare, pare per non ‘deprimere’ troppo il grande pubblico. The Road sembrava comunque destinato a ricevere qualche nomination dall’Academy Awards e vincere almeno l’Oscar per la miglior sceneggiatura, eppure tutto ciò non è stato. E’ stato più facile optare su titoli come The Hurt Locker (ne abbiamo già illustrato gli indubbi pregi nell’ottobre del 2008) o Avatar. Meglio tenere un occhio sul fronte di una guerra ancora aperta e l’altro sul campione assoluto di incassi di tutti i tempi che non assistere a un film sull’apocalisse.
Fino a ieri sembrava che in Italia non si sarebbe mai visto The Road. Nessuna casa di distribuzione osava acquistare un titolo apparentemente difficile da vendere nelle sale. Sullo spazio che Wikipedia dedica al film è apparsa la notizia che la Videa CDE di Roma ha acquistato i diritti durante la Berlinale. Evviva, forse, prima o poi lo vedremo anche noi. In rete si può vedere in lingua originale. Ho avuto questa possibilità e ve ne voglio scrivere.
The Road, per chi non avesse letto il romanzo edito in Italia da Einaudi con il titolo La strada (come pressoché tutti i titoli di Mc Carthy), è la cronaca di un viaggio, di una fuga verso il sud da parte di un padre e di un figlio, per sfuggire al freddo e al gelo di un mondo che non c’è più dopo un’apocalisse totale.
Tutto è cenere, polvere grigia che ricopre l’orrore di ciò che è stato e i due sopravvissuti vagano lungo strade desolate, tra continui terremoti, in preda alla fame e alla paura.
Il piccolo non ricorda, non sa quasi nulla di ciò che era prima, o forse non è mai stato. Tutto il suo mondo è il padre e l’uomo solo per il figlio sopravvive ai suoi stessi ricordi per inseguire un futuro che non c’è più. O forse non c’è mai stato. Ma loro sono i buoni, il bambino è certo di ciò che gli dice il padre, loro hanno il fuoco dentro, eppoi non mangiano gli altri… Pare un angelo quel bambino, e l’uomo è deciso a difenderlo a ogni costo. Si respira d’intorno l’orrore, la fisicità dell’orrore e ti penetra dentro, fino in fondo. Ma loro custodiscono il fuoco dentro, una fiammella quasi inesprimibile, tremula, ma viva. La disperazione è in constante agguato, l’uomo la subisce di più, lui ricorda, lui ha visto. Eppure resiste, deve resistere.
I superstiti sono sparpagliati, i più forti riuniti in bande dedite al cannibalismo nel massimo dell’abominio che un essere vivente possa compiere per la sopravvivenza. Per gli altri c’è solo la fuga, attenti a non lasciare tracce, cercandone sempre di nuove a caccia di qualche rimasuglio di cibo.
Le sequenze forti e commoventi si susseguono una sull’altra. Tutto torna nel costante abbraccio tra padre e figlio verso un futuro che non c’è più tra i sussurri che si perdono nel vento.
Ci sono anche piccoli grandi momenti di semplice intima dolcezza, come quando l’uomo scova in fondo a un distributore di bibite un’ultima lattina di Coca Cola e sorridendo la porge al piccolo che non la conosce.
Pà, cos’è? … Pizzica… è buona! Dài… bevine anche tu!…
Poi arriva sempre la notte in un sonno senza sonno, con la mano pronta sul revolver, carico con le due uniche pallottole per non cadere nelle mani dei razziatori di carne umana.
In qualche casa distrutta si può anche trovare cibo, scatolame e continuare a sopravvivere, ma solo per poco. Occorre ripartire, riprendere la marcia verso il sud. I sussurri si perdono nel vento.
Il film è struggente, commovente fino alla lacrima. Sebbene lo script diverga in alcune parti dal romanzo, il risultato è straordinario per la fotografia, per la colonna sonora, ma soprattutto per gli interpreti.
Viggo Mortensen è alla sua migliore performance in assoluto. Veramente sono troppo pochi gli aggettivi a disposizione per riuscire a descrivere appieno le emozioni che riesce a suscitare anche solo con un abbozzo di parola, con uno sguardo.
Il piccolo è Kodi Smith-Mc Phee, anche lui semplicemente perfetto.
Non mancano alcuni camei, soprattutto quello di un vecchio Robert Duvall in una delle sequenze di dialogo più toccanti.
Recita anche Charlize Theron, nel ruolo della madre, che deciderà drammaticamente per un’altra via, lontano dalla strada.
Un grande film davvero, ma soprattutto un grandissimo romanzo di un autore, Cormac Mc Carthy, così straordinariamente lucido e intenso in ogni sua parola dura fiamma accesa nel buio.
Dario Arpaio
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Gran bel film veramente! una eresia non essere uscito ancora in Italia. Tra i più bei film del 2009 a mio giudizo.
ciao dario di sicuro già solo il tuo articolo merita ma come ti ho scritto mi cercherò il film…viggo è un ottimo attore buono il suo hidalgo per citarne uno..quindi con lui si va sul sicuro.sopravvivere nel orrore o morire con dignità?è una bella domanda ma penso ahimè ,che in una situazione come questa,si opti x l’orrore perchè dentro di noi c’è un grosso spirito di sopravvivenza che con l’egoismo umano può far fare cose orribili.”ciò che prima era una graziosa famiglia con l’oscurità non lo sarà più”mi pare di ricordarla così la frase di riddick in pitch black . the road è un film ma penso che in una situazione del genere l’uomo diventi davvero capace di cose bruttissime…
Certo non è facile vedere questo film perchè, aldilà dell’ottima interpretazione, della colonna sonora e così via, è pesante la sensazione che ti lascia dentro. Una sensazione che va dall’angoscia e dalla paura di trovarsi in una situazione del genere al terrore della scelta per la sopravvivenza: seguire l’istinto della conservazione, innato in ogni specie animale e vegetale, o usare la ragione, propria dell’essere umano? E’ chiaro che un film del genere non è di facile programmazione, soprattutto per i soliti motivi economici, ma penso che valga la pena guardarlo per incominciare a riflettere sul futuro che un presente sempre più desolante sta rischiando di rovinare irreparabilmente.
grazie ragazzi per i vs commenti. siamo di fronte a un grande film, che lascia turbati e incantati e porta a infinite riflessioni, tanto quanto il libro.
Riportando una citazione dello stesso Mc Carthy, per bocca del suo protagonista dice che ‘…al mondo c’è più castigo che delitto…’.
ma è lui stesso che, alla fine, ci lascia la certezza della forza e la tenacia della speranza, che non deve mai venire meno. e così voglio credere.
ciao