The Way Back, il ritorno di Peter Weir

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Peter Weir torna alla regia dopo qualche anno di assenza. Da Master and Commander in poi se ne erano perse le tracce ed eccolo ritornare al grande schermo con il film The Way Back , basato sul romanzo (fintamente) autobiografico di un polacco. Costui avrebbe preteso raccontare l’impresa della sua fuga da un lager staliniano insieme con altri detenuti, attraversando la Siberia, la Mongolia, per arrivare in India dopo aver superato anche l’Himalaya. Il polacco è stato poi smascherato e il suo  racconto pare sia stato frutto di fantasia e basato solo parzialmente su fatti realmente accaduti ad altri. A Peter Weir tutto ciò poco ha importato. La vicenda narrata da The Way Back, vera o no, gli ha offerto lo spunto per esaltare, ancora una volta, la sua protagonista assoluta, la Natura selvaggia, incontaminata e durissima, contrapposta al rabbioso desiderio di libertà e di dignità, quello che nessuna dittatura potrà mai oscurare nella mente di un uomo.

Se in Master and Commander era l’Oceano a fare da contrappunto all’impresa, in The Way Back sono gli spazi immensi della tundra siberiana. Una natura non matrigna, benché inesorabile spettatrice quasi distratta, perfetta nelle sue manifestazioni che però possono anche condurre alla morte. La sontuosa fotografia di Russell Boyd illumina i piani lunghi scelti da Weir, dove piccoli e insignificanti sembrano essere gli sforzi di quegli uomini in fuga e, al tempo stesso, ne sottolineano la disperata caparbietà di sopravvivere anche contro se stessi e la propria debolezza.

La vicenda ruota intorno alla figura di un ufficiale polacco accusato di tradimento e rinchiuso nei famigerati campi di lavoro staliniani. A lui si uniscono altri disperati e insieme si lanciano nella grande fuga. Il protagonista è un poco espressivo Jim Sturgess, troppo ‘carino’ e paffutello per essere credibile nel suo ruolo di fuggiasco. Fortunatamente gli fanno da comprimari Ed Harris e Colin Farrell che riescono a dare grande forza espressiva alla drammaticità della sceneggiatura.

The Way Back è coprodotto da National Geographic, il che offre garanzia di spettacolarità. Purtroppo il finale, accartocciato sul susseguirsi di alcune immagini di repertorio, si chiude con un happy hand annacquato, che mal contrasta con la intensa bellezza delle sequenze centrali del film. Non è certo questo il miglior Peter Weir, il cui occhio resta legato ai grandi spazi, alla Natura madre dispensatrice della vita e della morte.

Dario Arpaio


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