Uomini senza Legge di Rachid Bouchareb
Di Dario ArpaioUomini senza Legge di Rachid Bouchareb, è stato presentato a Cannes nel 2010, ed è tra i candidati all’Oscar come miglior film straniero.
Il regista franco-algerino torna al suo tema preferito, quello del drammatico sradicamento di chi è diviso tra due culture, qui raccontato mediante la storia di tre fratelli algerini vissuta lungo l’arco di circa 35 anni, dal ’25 al ’62. Il culmine della vicenda è la cronaca del massacro di Sétif del ’45, quando polizia e soldati francesi aprirono il fuoco su un corteo indipendentista, causando centinaia di morti. Nei giorni che seguirono, le navi da guerra francesi, che sostavano davanti alle coste algerine, bombardarono intensamente la regione per rappresaglia contro gli eccidi compiuti a loro volta dagli algerini tra i coloni europei. Da quei fatti sanguinosi prese definitivamente le mosse l’FLN, il fronte di liberazione, che nel cuore della Francia compì vari attentati, scatenando la reazione feroce delle forze dell’ordine, prima fra tutte per efferatezze, quella segreta dell’OAS.
Il film di Bouchareb sembra strizzare l’occhio più ai gangster movie alla Scorsese, che non al grande magnifico affresco di Gillo Pontecorvo, La battaglia di Algeri , del 1966, che valse al nostro il Leone d’Oro alla mostra di Venezia e tre nomination all’Oscar. Pontecorvo adottò un bianco e nero sgranato per accentuare il tono drammatico, quasi documentaristico, da cinegiornale. Inoltre utilizzò attori improvvisati (tranne uno). La sua macchina da presa 16 mm graffiava, mentre Bouchareb racconta con un tratto più leggero, quasi da fiction televisiva. Uomini senza Legge cade a tratti nel didascalico, forse è anche un po’ ingenuo nel narrare quei tragici fatti di sangue e l’orrore della guerra di liberazione algerina, che, ancora oggi, trova strascichi nell’opinione pubblica francese.
Grande merito va dato agli interpreti dei tre fratelli, che sanno dare corpo e sostanza all’intimo dramma di una vita spaccata tra il desiderio della normalità e la passione rivoluzionaria, tra la tensione verso la pace e la necessità, quasi ineluttabile, della violenza. Ma quest’ultima non offrirà mai la soluzione: non può esserlo, non sarà mai la risposta definitiva. Non ci sarà scampo, sangue chiama sangue.
Dario Arpaio
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