Vallanzasca, un noir vero

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Il Vallanzasca di Michele Placido, e, aggiungerei, di Kim Rossi Stuart, è un magnifico film noir, come se ne girano pochi in Italia. Frutto di una regia davvero pregevole,  superba, grazie anche a una magistrale ricostruzione degli anni ’70. Ma su tutto svetta l’interpretazione forte di Rossi Stuart, davvero eccellente in ogni sfumatura. Il ritmo della narrazione è intenso tanto quanto oscura e cupa è tutta la vicenda di un uomo perduto, di un delinquente che non chiede appello, che non cerca assoluzioni.

Il film inizia citando Truman Capote: ‘se Dio affida a un uomo un dono, gli dona anche una frusta per autoflagellarsi’.  Non c’è scampo per chi sceglie consapevolmente il male, non può tornare indietro chi coltiva caparbiamente il lato oscuro che ciascuno di noi si porta dentro. Vallanzasca ha scelto lucidamente di essere bandito, non è una vittima della società. Lui, semmai, ne sfrutta le debolezze. Dal film emerge la figura di un demone dostojevskiano, tormentato dal suo stesso destino, pur sempre affrontato con spavalderia sfacciata.

Grottesche le scandalizzate proteste, per non dire delle ridicole richieste di boicottaggio del film da parte di un politico in cerca di pubblicità. Il cinema è arte, e l’arte è libera, non si tocca! Dando loro corda sarebbe un po’ come affermare che i francesi, affari loro, possono accettare di vedere la storia del bandito Mesrine, o che gli americani girino pure quei biopic di gangster o vicende sui terroristi, mentre da noi, certa cronaca deve rimanere fuori dal cinema. Ma perché?

Il dolore dei parenti delle vittime non viene insultato in alcun modo dal film di Placido. Vallanzasca sconta gli ergastoli che ha meritato. Il suo personaggio non è un eroe dark, è e rimane solo un bandito che lascia dietro sé solo una lunga scia di dolore. Placido sottolinea la drammatica impossibilità di sottrarsi al male che lui stesso alimenta, e lo fa da cineasta, con merito. Nemo profeta in patria, tant’è il prossimo film su ‘mani pulite’ lo girerà in Francia, così da noi l’industria del cinema potrà tranquillamente mantenersi in piedi con le commediole da quattro soldi.

Da sottolineare, infine, la bravura di tutti gli interpreti, nessuno escluso. Molti di loro (Placido compreso) vengono dal teatro, Filippo Timi su tutti, e forse anche grazie all’esperienza attoriale maturata sul palco, sanno veramente imprimere una marcia in più a un film noir di rara fattura.

Dario Arpaio

1 commento su “Vallanzasca, un noir vero”
  1. francesca ha detto:

    Condivido appieno la recensione del film fatta da
    Dario Arpaio e le sue considerazioni rispetto al boicottaggio del film e alle critiche ricevute dal regista per aver scelto di rappresentare la vita di un delinquente (come se il cinema non fosse pieno di film su delinquenti famigerati!).
    Aggiungo che,se nel ricordo di quel criminale si affacciava il mito (tutte le quintalate di lettere da lui ricevute nelle diverse carceri d’Italia, la faccia d’angelo, il bel René, le sue fughe) dopo aver visto il film (perfetto) resta solo il criminale. Bravissimi Placido e Kim Rossi Stuart. Comunque tanto di cappello a tutti. Continuate così.


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