Virzì, Livorno e La prima cosa bella
Di Dario ArpaioIn questi giorni siamo bombardati dalla spettacolarità del film Avatar, eppure una delicata commedia come La prima cosa bella di Paolo Virzì andrebbe vista senza alcun dubbio.
Una storia semplice, delicata, che ruota intorno alla bell’Anna e ai suoi due (o tre) figli nella Livorno degli anni ’70 scivolando sulla rasposa voce di Nicola Di Bari per arrivare fino ai giorni nostri. Anna bell’Anna è una madre giovane esuberante e piena di amore, di stupore ingenuo di fronte alla vita che la condurrà ad affrontare tante peripezie con i suoi due piccoli coinvolti in un tourbillon di avvenimenti, di fughe, di dolci follie. Una madre ingombrante, la cui presenza segnerà per sempre l’amore dei figli che si ritroveranno, si abbracceranno, si scopriranno rinnovati proprio da quell’amore così grande, così esclusivo, sebbene a volte gioiosamente imbarazzante.
La prima cosa bella è anche un atto d’amore di Virzì verso la sua Livorno, città pettegola, eppure piena di calore umano e di fascino. Soprattutto Virzì riesce a dare nuovo respiro alla commedia italiana, quella dei buoni sentimenti, spesso bistrattata o fraintesa, peggio sciacquata in malo modo e riproposta in termini volgari.
Gli interpreti di questo film, invece, sono tutti misurati, pieni di umane trasparenze, sapientemente guidati, teneramente e con mano leggera, tra la farsa e il dramma. Eccellenti Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi e, in particolare, Anna giovane impersonata da Micaela Ramazzotti e la spumeggiante Anna ‘vecchia’ alla quale Stefania Sandrelli offre il meglio della sua recitazione.
Davvero non si dovrebbe perdere l’occasione di vedere questo film per scoprire che si può sorridere alla vita anche quando ci pone di fronte al dolore della separazione e della malattia.
Dario Arpaio
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Commedia? delicata? Mi scusi, forse non abbiamo visto lo stesso film. Scene di sesso, botte ad una madre, violenza, urla, drammi, malattie e morte. Se lei ci si è fatto una risata sopra bè, io no. Si esce con un magone mostruoso, e chi ci va ha il diritto di saperlo. Sul pregio non mi pronuncio ma, per carità, ma non chiamatelo commedia.
Lei si riferisce forse a sequenze minime, assai poco influenti sulla traccia generale. L’amore di Anna per i suoi figli e il rapporto che essi hanno con la madre e il nucleo centrale della storia narrata da Virzì che non eccede mai nella narrazione. Eppoi la morte non è forse parte della commedia umana? Non è forse meravigliosa la Sandrelli mamma nel suo amore per la vita? Non fa forse sorridere l’imbarazzo di Mastandrea in tante delle situazioni che lo porteranno alla fine a scopire un nuovo se stesso? Comunque grazie per il suo intervento