The Vow – La memoria del cuore, una recensione

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Noi esseri umani siamo la somma di tutti i momenti vissuti, così Michael Sucsy, attraverso i pensieri di Leo, ci regala una massima importante; la quale gira intorno a un film che però rivela luci e ombre.

È vero, noi siamo un insieme di ricordi che non solo costruiscono le nostre convinzioni giorno per giorno, ma determinano anche la nostra intera vita. E se questi momenti ci venissero a mancare? Se qualcosa li cancellasse, come faremmo a riconoscere la gente che tanto ci ha amato in tutti i nostri anni di vita? E non solo, come faremmo a identificarci di nuovo nella nostra quotidianità?

Michael Sucsy affronta un tema molto complicato ispirandosi al terribile incidente stradale accaduto ai coniugi Kim e Krickitt Carpenter, dimostrando buoni spunti filosofici così come notevoli altre mancanze.

Tuttavia la trama è questa: Leo (Channing Tatum, a breve nelle sale cinematografiche con Magic Mike, pellicola siglata da Steven Soderbergh) e Paige (Rachel McAdams, già incontrata in Sherlock Holmes-Giochi di ombre) sono due novelli sposi, vittime di un incidente stradale. Leo quasi subito viene dimesso dall’ospedale, mentre per Paige le cose non vanno altrettanto bene. La ragazza riporta un grosso ematoma celebrale e, per stimolarne il riassorbimento, la dottoressa che l’ha in cura decide di portarla in coma farmacologico. Al suo risveglio però le cose sono molto cambiate: la ragazza non solo si trova ad avere un “buco” di cinque anni nella sua vita, ma non ricorda nemmeno più chi sia Leo, il suo innamoratissimo marito. A lui spetta il compito di risvegliare in lei quei momenti vissuti insieme che l’hanno tanto fatta innamorare, tra i vari ostacoli che si presenteranno attorno. Ci riuscirà?

Il film non è solo questa ricerca disperata di ritrovare l’amore perduto, ma è anche la visione di due facce della  stessa medaglia: non c’è solo lo smarrimento di Paige, ma anche tanta comprensione e sofferenza da parte di Leo, che vede sua moglie diversa nei suoi confronti, distante e estranea. Attaccata a quei ricordi che per lei sono ormai divenuti più autentici dei loro momenti vissuti insieme: quelli passati con la sua famiglia e con l’ex fidanzato. Paige non è più la stessa, si rivolge a Leo come a uno sconosciuto; lui, preso dallo sconforto, non riesce più a capire come comportarsi. La ragazza comincia a fare tutto ciò che, in quei famosi cinque anni perduti, non avrebbe mai voluto fare realmente. Complice un padre (Sam Neill) e una madre (Jessika Lange) possessivi e severi, e un ex fidanzato opportunista (Scott Speedman già visto all’opera in The Strangers, per la regia di Bryan Bertino).

Ma se il cervello non può più ricordare, potrà mai prendere il suo posto il cuore? “La memoria del cuore” potrà mai bastare a farle ricordare ciò che c’era tra di loro? Riuscirà a far rammentare a Paige quelle sfumature di sé stessa che credeva impossibili esistere e quei suoi lati che inevitabilmente la caratterizzavano prima dell’incidente? Così, mentre il cuore di Paige cerca di sopperire le disfunzioni del cervello, quello di Leo parla d’amore e si interroga sull’esistenza. Tra un momento e l’altro propone pensieri che meritano di essere ascoltati con attenzione dallo spettatore, fornendogli la sua preziosa concezione dell’esistenza: la “teoria sui punti di impatto”, momenti che cambiano la vita per sempre e ridefiniscono ciò che siamo. Quale sarà l’impatto maggiore che vuole descriverci Michael Sucsy, al di là di quello visto come conseguenza al terribile incidente dei due protagonisti? L’impatto che può avere lo sguardo della persona che si ha amato, diventato sconosciuto, riflesso in quello che per esso, invece, è conosciuto e mai cambiato. Un concetto difficile da capire, ma è prima di tutto un incubo nell’incubo che si trovano a vivere i due protagonisti.

Oltre a questo, però, al dramma e all’angoscia, la storia non scopre mai un vero e proprio inno all’amore. Le basi ci sono, ma Sucsy non costruisce nulla di più sopra di esse. La pellicola scorre tra i pensieri indagatori di Leo e non arriva mai da nessun’altra parte. C’è dramma, angoscia e frustrazione, ma quasi mai veri momenti d’amore strappalacrime. Jessika Lange e Sam Neill sembrano reggere bene, ma a metà film crollano in uno burrone così nero che solo una migliore caratterizzazione dei loro personaggi avrebbe potuto salvarli. Se in Cinquanta volte il primo bacio Peter Segal aveva convinto mostrando un Adam Sandler impegnatissimo a far innamorare la sua amata ogni nuovo giorno che passava, Michael Sucsy invece si dimentica l’elemento principale che in una storia drammatica, come quella che ha colpito i coniugi Carpenter, era oneroso calcare di più: la forza dell’amore, protagonista indissolubile.

Loris Baiardi


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