Wolverine l’Immortale
Di Dario ArpaioIl personaggio di Logan alias Wolverine ha segnato la fortuna di un attore eclettico come Hugh Jackman ed è diventato il beniamino dei fan degli X-Men, con la sua umanità tormentata, capace di far esplodere la furia delle sue terribili lame di adamantio. Jackman ha interpretato Wolverine per ben sei volte e si prepara alla settima impresa, già in fase di lavorazione che uscirà sugli schermi nel 2014.
Questo mondo è davvero povero di eroi autentici. Pare non essere più capace di sognare e di vivere il sogno, dilaniato com’è di crisi in crisi. Così l’omologazione del gusto si allarga a macchia d’olio senza lasciare spazio ad alcun valore che sia degno di questo nome. Anche il cinema non fa altro che adeguarsi alla richiesta dell’intrattenimento facile. I prequel e i sequel si susseguono senza limiti se il successo di botteghino lo autorizza.
Opportuno quindi approfittarne per un bravo attore come Jackman. Con il suo Wolverine ha già guadagnato più di 50 milioni di dollari. Ecco che lui stesso con la Marvel producono il nuovo Wolverine l’Immortale, tanto per non perdere il colpo, e se Darren Aronofski, regista del Cigno Nero e the Wrestler non è disponibile, ci si affida, più per ripiego che per scelta, a James Mangold, bravo director del biopic sul grande Johnny Cash, Walk the Line e del remake del Treno per Yuma.
Per Jackman cambia poco. Lui è assolutamente a suo agio nei panni di Wolverine, lo conosce bene. Sa quanto il personaggio soffra la sua immortalità. Questo al pubblico piace, così come il Batman di Bale o l’ultimo Superman. I super eroi della Marvel oggi soffrono, sanguinano anche se alla fine vincono sempre e ci lasciano uscire dalla sala in qualche modo soddisfatti.
Wolverine l’Immortale segna, per così dire, l’evoluzione del personaggio. I vecchi compagni mutanti sono scomparsi o appaiono solo in qualche ricordo o in nuove versioni femminili. E’ lui ‘the one’, anche se lo script risulta un po’ farraginoso e poco convincente. Ci si diverte solo quando Wolverine combatte, questa volta in Giappone, contro la yakuza e, per non farsi mancare nulla, anche contro i ninja di nero vestiti. Wolverine è attratto dalla bella nipote del magnate giapponese al quale ha salvato la vita in guerra. La difende a tutti a costi anche se a tratti pare vacillare, combattuto tra il ricordo sempre presente di Jean e la giovane donna di fronte a lui, interpretata dalla bellissima top model Tao Okamoto. Lui preferirebbe nascondersi al mondo, ma la pellaccia non si perde e torna a essere quello di un tempo. Le speranze dei cattivi si sciolgono come neve al sole davanti al Wolverine ritrovato.
Il risultato è un film di comune intrattenimento con qualche velleità fine a se stessa. Mangold ce la mette tutta, ma sono troppe le sequenze che si rifanno a qualche altro film già visto, a qualche altro eroe in crisi esistenziale.
L’unico a uscirne a testa alta è lui Hugh Jackman il tuttofare, cantante di musical, ballerino, attore duttile, capace di far soldi a palate e divertire il pubblico.
Dario Arpaio
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